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EDITORIALE: Quando un trasferimento equivale a tradimento (o presunto) nel basket italiano

EDITORIALE: Quando un trasferimento equivale a tradimento (o presunto) nel basket italiano

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L’arrivo di Marco Belinelli alla Virtus Bologna sta alimentando diverse polemiche tra i tifosi fortitudini (una buona parte almeno) che parlano di alto tradimento. I più si ricordano l’eterna promessa del giocatore allora 21enne nel lontano 2007 quando disse le seguenti parole.

“Porterò sempre la Fortitudo con me, e per questo il giorno che tornerò a giocare in Europa lo farò solo qui a Bologna, la mia città, e con la maglia della Fortitudo. Questo è il mio impegno e la mia promessa”.

Foto da BolognaBasket

Dichiarazioni, ma non solo queste, che nel popolo della Effe bianco-blù sono risuonate come atto di vile imbroglio a distanza di 13 anni, come dimostrano gli striscioni esposti in questi giorni.

Si può ricordare e conoscere, che da almeno un secolo circa, tradire nello sport come in amore, non è assai raro, anzi.

Poniamo l’esempio più famoso nella storia del basket nazionale che è senza dubbio quello che avvolge Dino Meneghin, protagonista de “il più clamoroso trasferimento della pallacanestro italiana” come riportò La Gazzetta dello Sport.

7 scudetti e 5 Coppe Campioni vinte con la Pallacanestro Varese in 15 anni.

Ma nel 1981 con lo “smantellamento” della squadra, la leggenda italiana dovette semplicemente percorrere l’Autostrada dei Laghi per accasarsi agli odiati rivali dell’Olimpia Milano.

Dino con le “Scarpette Rosse” vinse altri 5 scudetti, 2 Coppe Campioni e la Coppa Korac 1985 battendo in finale proprio la sua ex Varese.

Non fu tradimento vero, ma una cessione che all’epoca stupì tantissimo.

Dino Meneghin a Varese e a Milano – Fonte: BarCalcio.net

I “saltafossi” a Bologna tra la F e la V

A Bologna, i giocatori, allenatori (i più noti sicuramente Aza Nikolic, Alberto Bucci e Valerio Bianchini) e dirigenti che hanno cambiato simbolo mettendosi sul petto sia l’Aquila biancoblù che la VuNera sono ben 62, tutti messi in fila dal pregevole e certosino lavoro d’archivio del sito Virtuspedia.

Non pochi, contando che il derby data la sua prima edizione nella stagione 1966/67. L’ultimo in ordine cronologico? Pietro Aradori: in bianconero dal 2017 al 2019, poi bianco-blu fino a tutt’oggi.

Uno dei saltafossi più famosi a Bologna fu Gianfranco “Dado” Lombardi, prima realizzatore con la Virtus, poi stella della Effe che si affacciava alla Serie A.

Il più celebre a giocare tra gli anni ’60/’70 per entrambe le compagini fu probabilmente Maurizio Ferro. Lui, tra i quattro fondatori de La Fossa dei Leoni, andò a giocare per le VuNere. Incredibile, ma vero.

Alessandro Frosini e Marko Jaric fecero l’attraversamento del Reno dalla Effe in due annate diverse. Frosini, dopo tre stagioni in maglia Aquila, fece il passaggio e visse il primo derby in trasferta caratterizzato dalla rabbia dei suoi precedenti tifosi; Jaric, dopo che vinse da protagonista il famoso scudo bianco-blù nel 2000, andò alla Virtus e trovò nella stra-cittadina in casa Fortitudo un’accoglienza riservata nemmeno allora all’odiato Sasha Danilovic. Marko non entrò mai in partita, ed insieme a Bowie venne espulso dopo uno sputo su un rotore vicino al parterre. La gente dell’Aquila potè godere un anno dopo, quando Marko sbaglio da 3 metri il tiro di un possibile derby vinto, proprio sotto la Fossa. E i social allora non esistevano…

Sani Becirovic divenne famoso nel 2002 e “idolo dei tifosi fortitudini” per il curioso caso scoppiato nel 2003.

Tutto nato quando lo stesso giocatore sloveno venne firmato dalle VuNere e cominciò ad avere guai alle ginocchia, divenne inattivo e nell’ottobre 2002 il suo avvocato accusò la Virtus di non aver pagato gli stipendi al suo cliente avviando una causa, chiamata “lodo Bečirovič”. Per il patron bianconero Madrigali lo sloveno non era più un virtussino, ma per la FIP sì e quindi doveva essere pagato. L’accordo non si trovò e così nell’agosto 2003 la FIP revocò l’affiliazione alle VuNere che scomparsero, momentaneamente. Sani tornò a giocare, nel 2005 si trasferì alla Fortitudo, e i tifosi Virtus non la presero per nulla bene nel primo derby 2005-2006, ecco…


I casi più recenti, da eroi passati a rivali nel presente

Andrea Cinciarini: alla Grissin Bon Reggio Emilia giocò dal 2012 al 2015 dove vinse l’EuroChallenge e raggiunse la storica Finale Scudetto 2015, dove è stato anche capitano, per poi passare all’Olimpia Milano.

Oltre al trasferimento, e allo scontro in Finale Scudetto 2016 tra le due squadre, mise un po’ di benzina nel fuoco il suo gesto durante le Final Eight di Coppa Italia 2017 rivolto ai suoi ex tifosi.

Ogni volta che poi la Reggiana ha affrontato Milano, arrivano molti fischi dai tifosi emiliani alla presentazione delle squadre o ogni volta che tocca palla.

Come dire: sembra passata un’era da quando ci eravamo tanto amati…

Pietro Aradori. Oltre a saltare il “fosso bolognese” passando da Virtus a Fortitudo (era il capitano bianconero nella stagione 2018-19 con cui vinse la BCL 2019), fece arrabbiare e non poco i tifosi di Cantù quando si trasferì alla Reyer Venezia dopo che dichiarò amore eterno alla squadra lombarda nel 2014.

Non che alla Reyer Aradori si fece amare per il suo trasferimento alla Reggiana nell’estate 2015 dopo dei playoff per nulla soddisfacenti in maglia oro-granata, diciamo così.

Risultato? Al Pianella (PalaDesio dopo), al PalaTaliercio e alla Virtus Segafredo Arena gli sfottò accolgono Pietro.

Pietro Aradori, Virtus Bologna

Pietro Aradori, Fortitudo Bologna

Coach Matteo Boniciolli. Prima tanto amato ad Avellino (fu il coach degli irpini nella storica Coppa Italia del 2008). Poi, la sua dichiarazione di lasciare la Scandone per stare vicino a Trieste nonostante avesse firmato la proroga del contratto che lo avrebbe legato per altri due anni in Campania.

Il trasferimento alla Virtus Bologna nella stessa estate venne preso come un affronto per il popolo bianco-verde. Tanto che in Avellino – Virtus Bologna della stagione 2008-2009 i tifosi irpini accolsero l’ex coach con un clima tutt’altro che amichevole.

Anche Boniciolli fu un saltafosso passando alla Fortitudo nel 2015, e dal popolo virtussino non è proprio amato, ecco, ogni volta che si scontra contro i bianconeri di Bologna…

Altri “colpevoli”: Awudu Abass, nel passare da Cantù alla rivale Milano, stesso percorso fatto da Andrea Cinciarini passando per Reggio Emilia. Nel derby che si giocò in casa canturina nel 2017, i fischi dei suoi ex tifosi fin dal riscaldamento bersagliarono Awudu. Gli Eagles, storico gruppo ultras, riservò ad Awudu uno striscione ironico, in dialetto brianzolo. «Awudu, te seet finii propri Aba$$».

Coach Romeo Sacchetti, passato quest’estate dalla Vanoli Cremona alla Fortitudo Bologna. Molti fischi e lo striscione “mercenario ingrato” dalla tifoseria organizzata cremonese durante il match del PalaRadi accolsero l’attuale CT della Nazionale.

E che dire di Antonello Riva, “Nembo Kid”, ceduto da Cantù alla storica rivale Milano nel 1989 per la cifra record allora di 7 Miliardi di Lire. I fischi e gli insulti arrivarono alla prima in maglia Olimpia al Pianella, dopo 12 anni di bianco-blù.

Molti ce ne sarebbero ancora da citare… ma ora la discussione passa a Bologna, in attesa del prossimo derby di Basket-City.

Vien da dire, purtroppo, che nello sport professionistico di oggi i i giocatori bandiera, quelli nei quali i tifosi si identificano, sono merce sempre più rara. E il mondo della pallacanestro italiana, non fa eccezione. Purtroppo.