fbpx
Home Esclusive ESCLUSIVA – Intervista a Giacomo Galanda: un viaggio a 360° tra passato, presente e futuro del basket italiano

ESCLUSIVA – Intervista a Giacomo Galanda: un viaggio a 360° tra passato, presente e futuro del basket italiano

0

Qualche giorno fa abbiamo avuto il piacere e l’onorevole di fare sue chiacchere in esclusiva con uno dei pilastri della nostra Nazionale italiana del recente passato: Giacomo Galanda.

Una chiaccherata con l’ex capitano azzurro tra passato, presente e futuo, ecco come è andata:

Innanzi tutto vorremo ringraziarti per questa bella opportunità è un piacere avere un campione del tuo calibro sul nostro sito.

1) Rompiamo il ghiaccio come sta Giacomo Galanda in questo periodo? E di che cosa ti occupi attualmente? 

Sto bene sono a Pistoia in Toscana, dove vivo  con la mia famiglia. Attualmente lavoro come project manager per la Giorgio Tesi Group, un’azienda vivaistica leader nel settore. Principalmente mi occupo dell’immagine e anche se tutti gli eventi che avevano sono stati cancellati, abbiamo continuato a lavorare. Inoltre sono consigliere federale, ci sono state grandi discussioni su quello che si potrebbe fare nel mondo della pallacanestro e ho partecipato a diversi tavoli online con dirette sui vari social.

2) In campo eri un leader, hai mai pensato di intraprendere la carriera di allenatore? 

Si, ci ho pensato! Ovviamente la pallacanestro è una passione che abbiamo dentro, tutti i giocatori ci pensano in qualche maniera, però ho dovuto fare una scelta, un allenatore deve essere pronto a cambiare città, cambiare location, vivere lo stress dalla mattina alla sera legato al campo e far sì che la squadra diventi una seconda famiglia. Sicuramente è una carriera affascinante,che però dopo tanti anni sui campi mi ha dato modo di riflettere. E questo mi ha portato a diventare dirigente, ruolo che mi piace e  continua a piacermi e mi ha permesso di occuparmi maggiormente della mia famiglia.

La pallacanestro è una disciplina che rimane nel cuore, infatti mi capita spesso di allenare ragazzi durante i camp.

3) Il tuo nome è legato a una delle imprese più incredibili della nostra pallacanestro, ovvero la finale olimpica di Atene 2004. Quali ricordi hai di quell’estate indimenticabile per il nostro basket? 

I ricordi sono tantissimi e non solo di quella partita, ho avuto la fortuna di vivere gli 8 magici anni di Nazionale Italiana, nei quali abbiamo vinto 4 medaglie. Sono stato in nazionale A per 11 anni di cui 5 da capitano, sicuramente quella finale è stata l’apice, arrivata dopo tutto il duro lavoro e il percorso che c’è stato in precedenza. È stata un estate magica proprio perché è passata attraverso una serie di partite vinte e altre perse. In quella Nazionale ero uno dei “vecchi”,avevamo un trascorso e la possibilità di essere un esempio per i nuovi che erano arrivati.

Nel 2003 avevamo la grande responsabilità di rimanere vicino alla Nazionale in un momento difficile, una squadra nella quale c’erano giocatori che guadagnano quattro soldi, ma insieme siamo riusciti a tornare all’apice, con la costruzione di un grande gruppo. Questo è quello che mi rimane di questa grande esperienza.

4) Rimanendo nell’ambito nazionale quale giocatore vedresti bene come tuo erede? 

Nicolò Melli, a detta di molti, mi somiglia molto. In tanti hanno discusso su chi di noi due fosse più forte, sicuramente la carriera che sta facendo è davvero fantastica.

Oltre a vedere lui cerco anche di guardare alle nuove generazioni. Ho sempre tratto ispirazione dalle leggende, che da bambino vedi come degli idoli. In questi casi però è sempre meglio essere se stessi.

Quindi più che vedere eredi vedo in loro delle possibilità. Nel 2003, ci davano per spacciati questa mentalità ci ha permesso di vincere delle medaglie e sono certo di questo perché l’ho vissuto sulla mia pelle.

5) L’ultimo mondiale per la Nazionale Italiana non è stato uno dei migliori, da dove si dovrebbe ripartire per poter di nuovo dire la nostra sul parquet e tornare ai fasti di un tempo? 

L’opinione di molti e anche la mia è che nell’ultimo mondiale era quasi scritto. Avremmo vinto due partite e perse altrettante sinceramente avrei azzardato un po’ di più.

Le difficoltà che incontri quando giochi contro questi squadroni avrebbe permesso ai giocatori di costruire una nuova storia in campo internazionale. E questo ci stava riuscendo se guardiamo i gironi di qualificazione.

Un gruppo non si può costruire in un mese,va costruito nel tempo.

Per ripartire ci vuole una generazione che fa esperienza, che acquisisce fiducia e che capisca che cosa vuole dire giocare in campo internazionale.

Deve capire quanto conta un punto in più o  un punto in meno quanto è importante la coesione difensiva. Questi sono tutti i fattori che servono quando si va a giocare in gare così importanti.

Non ero disperato all’inizio del Mondiale anzi, la Spagna l’avevamo già battuta in passato e ci siamo andati vicino anche questa volta, contro la Serbia non era una partita così scontata. I giocatori serbi festeggiavano in panchina, proprio perché sapevano non era una gara facile. 

Dobbiamo costruire, subire le critiche, ascoltare e andare avanti a volte controcorrente e per questo ci vuole coraggio. Comunque non c’è una bacchetta magica per questo dobbiamo dare fiducia a questi ragazzi e dargli tempo.

 

6) Le oltre 650 presenze nelle squadre di club fanno di te una delle leggende del nostro basket, ma c’è una partita su tutte che ricordi con maggior affetto? E se si per quale motivo? 

Forse sono anche 700 o qualcosa del genere, sinceramente non sono uno di quelli che va a guardare le statistiche. È un po’ difficile selezionarne una, ogni maglia che ho indossato è stata testimone di partite buone e di partire meno buone. 

Una di quelle che ricordo con affetto, forse, è l’ultima che ho giocato con Pistoia, parlo di gara 5 contro Milano. 

Il fatto di staccare la spina dopo aver dato tutto e con un ginocchio malandato hanno dato a quella partita un sapore particolare. 

Pistoia era una squadra partita da zero, quasi spacciata, con 5 sconfitte di fila  poi, è arrivata quasi a eliminare Milano ai playoff. 

7) Domanda secca:quale è il canestro più pesante che hai mai segnato nella tua carriera? 

Sicuramente quelli contro la Lituania, le due bombe che hanno un po bloccato il loro  ritorno in partita.

Vedere l’intero che paese che esultava esultanza con me è stato qualcosa di davvero bello. 

C’è un canestro nella mia carriere che è molto pesante, però parliamo di nestro sbagliato.

Alle Olimpiadi prima, contro l’Australia,sbagliai l’ultimo tiro sul passaggio del Menego (Maneghin). Tirai male, senza fiducia, senza tirare come avrei dovuto.

Era una gara che avevamo giocato male, io forse un po’ meno, ma non avevo fatto quello che avrei dovuto fare. Mi crollò’ il mondo addosso, era una possibilità per restare in partita.

Fu una delusione perché arrivammo a quella Olimpiade  come vincitori dell’Europeo e c’era l’occasione di andare avanti. 

Sicuramente quel canestro mi è servito poi, in futuro, per segnare i due canestri di cui parlavo all’inzio. 

8) C’è un allenatore al quale sei più legato di altri? Se si per quale motivo? 

Gli allenatori vanno ringraziati tutti, anche quelli che ti hanno messo in panchina e non ti guardavano, sono registi della nostra storia sportiva e danno un imprinting su quello che siamo e chi diventeremo. 

Menzione particolare va ai primi allenatori che ho avuto, sono quelli che mi hanno hanno plasmato in qualche modo.

Tra loro c’è sicuramente Alberto Martelossi. che e stato mio coach al minibasket. Ho avuto la fortuna di avere un grande allenatore sin da subito.

Un’altro allenatore che ricordo con affetto è Charlie (Recalcati), con lui abbiamo condiviso tante storie e risultati la chimica che c’era tra noi era particolare. 

Devo fare menzione anche a Jasmin Repesa perché  ha cambiato qualche aspetto del mio gioco e mi ha dato quel qualcosa in più anche a livello tecnico, provo grande stima per lui. 

9) Chi è l’avversario più ostico mai affrontato?

Il più forte è sicuramente Dirk Nowitzki, lui si commenta da solo.

Il più ostico Luis Scola per grinta, tipologia di gioco, velocissimo, un atleta duro e bravo dappertutto. Un Fenomeno. 

10) Purtroppo la situazione odierna porta tante squadre a dover affrontare una delle crisi più cupe degli ultimi anni. Un commento a quello che sta succedendo? 

In questo momento bisogna ragionare sul lungo periodo, lo stop ci deve servire non per ripartire il prima possibile ma per riprogrammare. 

Non serve ripartire bruciando le tappe per poi rischiare di perdere qualcosa. 

Questo è un momento nel quale si può fare un esame di coscienza, costruendo un budget serio e fatto bene e trovare la soluzione più adeguata alle singole realtà.

Non cercare bolle di sapone per poi non portare a casa quello che ci si è prefissi, sono in gioco posti di lavoro e la reputazione della stessa Lega. 

Purtroppo in passato abbiamo  avuto esempi di società che non sono riuscite neppure a terminare il campionato. 

Con tanto sacrificio e tanto lavoro  siamo arrivati a un ottimo risultato.

Putroppo questa emergenza sanitaria è arrivata proprio in questo buon momento, ed è per questo che è importante programmare al meglio. 

L’immagine della Lega e delle leghe in generale si basa sulla solidità di tutte le società, avere delle squadre che non riescono a concludere la stagione sarebbe,  per quanto giustificato, un danno importante per la Lega. Particolare attenzione va messa sulla attività di base.

Per quanto riguarda i settori giovanili  va garantita innanzitutto la sicurezza, le disposizioni attuali  però, aggiungono costi e problematiche, avere meno bambini in palestra vuol dire sacrificarsi molto in termini di tempo.

Speriamo di tornare alla normalità, nonostante sia una normalità che comunque non era così rosea, il futuro del basket italiano passa anche dalle strutture e dai palazzetti e dalle piccole palestre che permettono l’attività di base e purtrpoo in questo c’è carenza.

11) Se non si fosse fermato anzitempo a causa del Covid-19 il campionato, secondo te, chi avrebbe potuto vincere quest’anno lo scudetto? 

Sicuramente Milano era partita come favorita e mi aspettavo una marcia in più da loro, che però non avevo ancora visto. La Virtus Bologna invece aveva dimostrato di poter essere la candidata numero uno in questo. Teodosic, era particolarmente ispirato anche se nelle ultime gare aveva un po’ rallentato, causa stanchezza e problemi fisici, ma sicuramente era una squadra costruita bene e ben impostata. Fare una previsione ad ora è molto difficile, Brescia e altre realtà come Venezia, si sono distinte per essere poi uscite durante i playoff, che negli ultimi anni sono po una sorta di campionato a parte. Vista come era andata la Coppa Italia avrei voluto vedere la conclusione della competizione perché c’era molto sale per questo scudetto.