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Danilovic esulta - Screenshot by BasketItaly Do You Remember? Predrag Saša Danilovic, lo Zar vincente delle VuNere

Do You Remember? Predrag Saša Danilovic, lo Zar vincente delle VuNere

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Predrag Saša Danilovic: si è ritirato a soli 30 anni dopo aver vinto ogni trofeo possibile con la sua Yugoslavia, il suo Partizan Belgrado e la sua Virtus Bologna. L’uomo del Tiro da 4 punti, lo Zar vincente della Bologna bianconera e attualmente il presidente della Federazione di pallacanestro serba.

11 Ottobre 2000.
Siamo al PalaMalaguti, l’odierna Unipol Arena di Casalecchio di Reno. E’ mercoledì. Il patron della Virtus Bologna Marco Madrigali, successore di Alfredo Cazzola, ha programmato la presentazione della sua nuova Kinder con gli ultimi giocatori ingaggiati, Marko Jaric ed Emanuel “Manu” Ginóbili.

Predrag Danilovic è da poco tornato in Italia dai Giochi Olimpici di Sydney in Australia disputati con la nazionale della sua Yugoslavia, un deludente sesto posto dopo essere stato battuto ai Quarti di Finale dalla Lituania. Danilovic viene chiamato da Madrigali sul palco. Lui, Saša, maglione e jeans, entra per ultimo sulla lunga passerella illuminata, dopo che la squadra bianconera era sfilata in ordine di numero inverso (dal 20 Jaric in giù) e mancava solo lui, il 5, l’ultimo. «Fino ad un’ora fa pensavo di avere 12 giocatori, adesso so di averne 11 – recita Madrigali – e un collega in più, il presidente del Partizan, Sasha Danilovic». Saša, acclamato dai tifosi virtussini presenti, prende il microfono.

“Siete stati stupendi in questi miei sei anni con voi, ma anche noi non siamo stati male. L’ incarico al Partizan mi ha dato una spintina verso questa decisione che maturavo da tempo. Non l’ho presa in due ore, il motivo è che non ce la faccio più. Sono stanco e basta. Non voglio che vi arrabbiate con me, spero invece che mi capiate”.
Lacrime in gradinata, Sasha è commosso a capo chino, Brunamonti piange senza nascondersi, è un momento intenso.

Predrag Saša Danilovic decise di smettere con la pallacanestro il giorno prima, il 10 ottobre del 2000, dopo un solo allenamento del nuovo anno con la Virtus Bologna. Il primo della stagione, per lui l’ultimo. Non aveva più voglia di soffrire, a quanto disse. Chiamò subito al telefono coach Ettore Messina, e subito dopo «l’amico di una vita, l’unico vero capitano della Virtus», Roberto Brunamonti. Ai tifosi decise di dirlo durante la festa di presentazione della nuova squadra, con Lucio Dalla sul palco, la sera seguente. Aveva scelto “Ciao” come canzone per accompagnare l’ uscita del campione serbo.

Ma facciamo un passo indietro…

Chi è stato Predrag Saša Danilovic, il giocatore che ha fatto innamorare i tifosi virtussini (e non solo) negli anni ’90?

Predrag nasce a Sarajevo il 26 febbraio 1970 da una famiglia di serbi della Bosnia Erzegovina. Durante l’adolescenza, trascorre le sue estati e gli inverni principalmente nei rispettivi villaggi dei suoi genitori e nella città di Trebinje, dove aveva zie e zii. E’ un ragazzo alto e allampanato, Danilovic eccelle in vari sport, tra cui calcio, pattinaggio di velocità e basket di strada. Si allena all’alba prima della scuola.

Va via da casa a 15 anni, passa dal Bosna Sarajevo a Belgrado al Partizan Belgrado del suo primo grande maestro, coach Dule Vujosevic, contro il parere di sua mamma. Viene quindi squalificato e sospeso per due anni dalla federazione bosniaca, perché non si poteva, allenamenti senza giocare.

A 16 anni come tutti i talenti prodigio prodotti del sistema jugoslavo era già un giocatore fatto e finito. Si trasferisce quindi in USA alla Cookeville High School. «Un anno schifoso, a Nashville in Tennesse. High school, famiglia, studio, basket. Però utile».

A 17 in prima squadra col Partizan e in Nazionale giovanile (vince nel 1988 l’Europeo Under-18 con la sua Yugoslavia battendo in finale l’Italbasket) ci trova l’altro Sasha, Djordjevic. E’ nel gruppo della Nazionale senior che vince la FIBA EuroBasket nel 1989 a Zagabria, la Yugoslavia di Drazen Petrovic, di Vlade Divac, di Dino Rada e Toni Kukoc.

Nel 1991 vince un altro FIBA EuroBasket, quello disputato a Roma battendo in finale l’ItalBasket. Con il Partizan, intanto, Predrag Danilovic vince tanto coi bianconeri di Belgrado: due Coppe di Yugoslavia nel 1989 e 1992, la Coppa Korac 1989, la Yuba Liga 1992 e soprattutto la Coppa Campioni 1992: in quest’ultimo trofeo vinto nella Final Four a Istanbul, è decisivo nei Quarti di Finale contro la Knorr Virtus Bologna ribaltando il fattore campo con 23 punti nella gara-3. Ne segna 22 con 10 rimbalzi nella semifinale all’Olimpia Milano e in finale contro la Penya, la Joventut Badalona, ne segna 25 nella vittoria per 71-70 del suo Partizan campione d’Europa con il canestro-vittoria di Djordjevic. È ovviamente proclamato Mvp delle Final Four di EuroLeague.

Nel frattempo la sua famiglia è in guerra: metà a Sarajevo, metà a Belgrado. Una famiglia divisa nel bel mezzo di una guerra civile sanguinosa.

1992, L’ARRIVO ALLA VIRTUS BOLOGNA PER UN TRIENNIO D’ORO

Roberto Brunamonti e Predrag Danilovic
1992, la presentazione di Predrag Danilovic alla Virtus Bologna. Accanto a lui Roberto Brunamonti

Il presidente della Knorr Virtus Bologna è Alfredo Cazzola, il padre del Motorshow, che decide di mettere mano al portafogli per riportare le VuNere ai massimi livelli. Sulla panchina siede un trentaduenne di belle speranze, ha imparato il mestiere da gente come Sandro Gamba e Alberto Bucci. Si chiama Ettore Messina. Il nativo di Catania è capo-allenatore dal 1989, e al primo colpo si è portato a casa la Coppa Italia e la Coppa delle Coppe 1990, la prima vittoria in Europa della Virtus che non vince però lo scudetto dalla stagione 1983-1984. Così, ai giocatori bianconeri presenti della vecchia guardia con Augusto Binelli, Bill Wennington e Riccardo Morandotti, viene aggiunto questo ragazzo di ventidue anni, con l’acne tardiva come molti della sua età e lo sguardo di chi ne ha viste tante. Non ride mai Predrag Danilovic. Non è simpatico, era due metri ed esile. Danilovic scelse la Virtus anche perché c’era Roberto Brunamonti, il capitano bianconero, incontrato chissà dove e visto di sfuggita in qualche differita del campionato italiano trasmessa in Jugoslavia. «Volevo giocare con lui» ha sempre detto.

In una sera di fine ottobre del 1992 nel palazzetto di Zagabria, la Knorr verrà travolta 82-66 dal Cibona all’esordio in Coppa Campioni e lui, serbo in terra croata, venne subissato di fischi dall’inizio alla fine. Nelle interviste della vigilia Sasha aveva mostrato la solita faccia tosta, «parliamo di basket», aveva detto. Ma due giorni in terra straniera, da nemico di un intero popolo, con le guardie del corpo sempre alle spalle, avevano fiaccato anche il suo ego spropositato.

Al primo anno nelle VuNere, nonostante la Knorr vada fuori contro il Real Madrid in Coppa Campioni nei Quarti di Finale per 2-0, è subito Tricolore! La Virtus Bologna di coach Ettore Messina si rivela una squadra forte e grande macchina di punti, grazie a dei reparti esterni e di lunghi di assoluto valore. Predrag Danilovic guida la squadra bianconera in attacco (durante la stagione regolare, solo due partite chiuse con 9 punti contro Treviso e Reggio Calabria, per il resto va sempre in doppia cifra), il resto lo fanno i compagni di squadra come Claudio Coldebella, Flavio Carera, Paolo Moretti, Brunamonti, Binelli…. Le VuNere vincono la regular season con uno score di 24-6 che diventa 7-0 nei playoff. Percorso netto contro nell’ordine Kleenex Pistoia, S. Clear Cantù e Benetton Treviso, campione in carica, spazzate via. Soprattutto in finale la differenza si mostra incolmabile per i biancoverdi di coach Petar Skansi e della star Toni Kukoc, capaci comunque di vincere la Coppa Italia contro la stessa Virtus (75-73 a Forlì nonostante 27 di Danilovic) e raggiungere la Finale di Coppa Campioni contro il Limoges: 97-80 in gara-1, 97-108 al PalaVerde in gara-2 e addirittura -34 nella decisiva terza partita, 117-83. La Bologna bianconera festeggia l’undicesimo titolo della sua storia, per Predrag Danilovic le Finali chiuse con media superiore ai 23 punti.

Stagione 1993-1994. La Virtus cambia sponsor, da Knorr diventa Buckler Beer e, in sostituzione di Ettore Messina che va ad allenare la Nazionale, torna in bianconero quell’Alberto Bucci già head-coach Virtus nello scudetto 1984. Se ancora in Europa non va meglio con le VuNere eliminate dall’Olympiacos ai Quarti di Finale di Coppa Campioni, in campionato Predrag Danilovic si trova un nuovo avversario che lo caratterizzerà per il resto della sua carriera. È nato a Londra da padre caraibico e madre pesarese, è italiano, si chiama Carlton Myers e gioca nella Scavolini VL Pesaro. I due si erano già affrontati l’anno precedente in una epica gara di Coppa Campioni, in cui il plavo aveva fatto la conoscenza di questo giocatore più giovane di lui e con la sola esperienza della A-2 a Rimini, ma che prendeva i tiri quanto lui e con percentuali molto simili alle sue. In più riusciva a batterlo.

Coach Bucci racconterà a Werther Pedrazzi nel libro “3 volte Virtus” un aneddoto paradigmatico. «Il 7 novembre ’93 la Buckler perde a Pesaro (76-68), Danilovic quel giorno col pallone non avrebbe preso in una vasca da bagno (finirà con 6/16 al tiro e “solo” 17 punti). Sul pullman del ritorno chiede al custode le chiavi del Palazzo e appena arriva in Piazzale Azzarita, che erano le dieci, entra e non esce finché non ha segnato trecento tiri. Senza cenare. Autopunizione».

La Buckler vince la Regular Season con record 24-6, ma nonostante perda la semifinale della Coppa Italia contro la Glaxo Verona per 73-72, riesce a vincere il secondo Tricolore consecutivo, il 12°. Fa fuori la Benetton Treviso ai Quarti, si vendica contro Verona in semifinale, e vince a gara-5 contro Pesaro, 79-68 con Predrag Danilovic a segnarne 33 nella gara decisiva.

Predrag Danilovic
Predrag Danilovic nel 1995

Stagione 1994-1995. Sasha continua a fare canestro sempre, «ha il lampo nelle mani» coach Bucci dixit. La mette con estrema semplicità anche da otto metri e quindi è un vero problema per le difese avversarie che lo devono sempre rincorrere e temere. L’istinto del killer porta Danilovic a prendere tutti i tiri decisivi, tiri fuori tempo e fuori logica, con il benestare di Bucci. Non ha per niente timore di nessuno. Ha un carattere burbero come dal primo giorno alla Virtus. “Che v’importa del mio carattere? Devo giocare, non esservi amico”. Intanto Carlton Myers gioca di nuovo in A-2, rientrato a Rimini a causa di un pasticcio sulle comproprietà non risolto a proprio favore da Pesaro. Questa mossa costa alla Scavo l’addio anticipato alla lotta per il titolo. Nuovi e vecchi avversari contendono lo scudetto a Sasha e ai suoi: innanzitutto i cugini della Filodoro Fortitudo del patron Giorgio Seragnoli, che al secondo anno nella massima serie arrivano secondi in regular season, sconfitti soltanto in semifinale dalla ben più esperta Benetton Treviso. Appunto i biancoverdi, nuovamente contro le VuNere in finale e ancora spazzati via in tre partite. È three-peat virtussino, Predrag Danilovic ne piazza 40 nella gara-3.

Ma se in Italia la Virtus è imbattibile, in Europa la musica ancora diversa. Il naufragio del 1995 con il famigerato -43 di gara-3 subito dal Panathinaikos a Piazza Azzarita è una sconfitta forse chiave nella scelta di Predrag Danilovic di salutare e provare il salto in Nba, rimandata per diversi anni. Intanto vince con la sua Yugoslavia il suo terzo EuroBasket in Grecia tenendo una media di 17.4 punti, memorabile la sua schiacciata su Arvydas Sabonis.

IL SALTO NELL’NBA, LA PARENTESI AMERICANA

Nel draft NBA del 1992 Sasha venne scelto come 43º giocatore, chiamato dai Golden State Warriors. I diritti su di lui vennero poi ceduti, nell’ambito della trade per Rony Seikaly, ai Miami Heat. Ma Predrag sentiva di non essere pronto fisicamente, non abbastanza grosso per il gioco molto fisico della Nba, all’epoca piuttosto refrattaria ai giocatori europei. Però i primi tempi nella Nba non sono per niente semplici e una partita del novembre 1996 è il chiaro esempio di tutte le contraddizioni vissute da Sasha negli Stati Uniti. A Miami viene a far visita “un certo” Michael Jordan coi suoi Chicago Bulls. Danilovic va in difficoltà e Michael ne mette dentro 50. Sasha si difende coi suoi 15 punti a referto, ma quella sera forse comprende che negli Stati Uniti il suo ruolo può essere “soltanto” quello di specialista del tiro dall’arco.

Nelle sue due stagioni negli Stati Uniti ha giocato 75 partite, tenendo una media di 12,8 punti con il 38% da tre punti. Nella prima annata gioca solo 22 partite per colpa di un infortunio al polso (che già tanti problemi gli diede a Bologna). Dopo che nell’estate 1996 vince l’argento olimpico con la Yugoslavia battuta solo dal secondo Dream Team USA, viene ceduto dai Miami Heat ai Dallas Mavericks durante la stagione 1996-97 (media di 16,6 punti), di lui si ricordano due prestazioni in particolare, entrambe con la franchigia della Florida: i 30 punti segnati ai Phoenix Suns il 9 dicembre del 1995 e il 7/7 da tre realizzato contro i New York Knicks al Madison Square Garden il 3 dicembre del 1996. Ma a parte questi due lampi, la vita americana non gli piace per niente, certo l’organizzazione sportiva è il massimo che si poteva aspettare, ma per il resto sta chiuso in casa e questo non fa per lui. Danilovic, che vuole lottare per vincere ed essere al centro di un progetto, non riesce ad accettare di giocare per una squadra che non lotta per l’Anello.

LA SECONDA ESPERIENZA VIRTUSSINA

1997 è l’anno della vittoria nel FIBA EuroBasket in Spagna con la sua Yugoslavia battendo in finale l’ItalBasket, ma è anche l’estate del ritorno a Bologna. Senza di lui la Virtus ha sì vinto la SuperCoppa Italiana e la Coppa Italia, ma vuole vincere nell’Europa dei grandi, finalmente. Sasha stabilisce oltre al rilancio in grande stile della Virtus dopo due stagioni più sofferte dentro che sul fronte dei risultati, anche il record in materia di ingaggi per gli stranieri del nostro campionato e percepirà una cifra molto vicina ai 10 miliardi di lire. A Bologna Predrag Danilovic trova una squadra piena di campioni: Antoine Rigaudeau, Radoslav “Rascio” Nesterovic, il compagno di Nazionale Zoran Savic, Hugo Sconochini, e poi i vecchi amici Gus Binelli e Ricky Morandotti. Non è più Buckler lo sponsor, ma Kinder. A Bologna ci sono quindi due sfide: i cugini della Fortitudo con lo sponsor Teamsystem, diventati fortissimi, da battere e un’Eurolega da vincere.

Alla Effe c’è Carlton Myers, diventato capitano. Ed è una stagione assolutamente incredibile per Bologna sulle due sponde del Reno: la Regular season della Serie A sarebbe starvinta dalla Kinder se non ci fossero i cugini della Teamsystem. La Virtus perde tre partite su 26 e lascia agli avversari una media misera di 69 punti segnati. Mentre dall’altra parte la Fortitudo ne perde appena cinque ed è subito dietro. Lo scontro però è su tutti i campi e Bologna diventa il centro del mondo del basket prendendo il nome, oggi piuttosto appannato, di Basket City. 1 febbraio 1998, semifinale di Coppa Italia vinta 73-64 dalla Fortitudo sul parquet di Casalecchio. Myers e soci porteranno a casa trofeo e titolo di miglior giocatore. La rivincita arriva a febbraio con i quarti di Eurolega. Due sfide palpitanti e infernali che la Virtus vince sul filo, punteggi bassi e tanta, troppa tensione, fino all’inevitabile rissa conclusiva, protagonisti Danilovic e Myers che non se le mandano a dire…

Alle Final Four di Barcelona dal 21 al 23 aprile 1998 al Palau Sant Jordi sarà dominio bianconero: prima in semifinale contro il Partizan Belgrado (83-61), e poi in finale con l’AEK Atene (58-44).

Il giornalista Walter Fuochi raccoglie per Repubblica sul volo di ritorno Barcellona-Bologna le dichiarazioni di un Predrag Danilovic neo campione d’Europa. «Sono vuoto, mi fa bene solo pensare che è finita e sono felice perché, più invecchi, più apprezzi certe conquiste, sapendo che potresti non averne più. Avevo vinto questa coppa nel ‘92, col Partizan, la squadra di casa mia. Avevo 22 anni, quasi non me ne accorsi. Eravamo ragazzi, fu soprattutto un gioco. Ma non una sorpresa. Non eravamo favoriti allora, ma quando giochi una finale giochi sempre per vincerla. Certo, stavolta c’era più pressione, cinquemila splendidi tifosi che ci chiedevano questa Coppa ed è stato bello vincerla per loro. Ma è stata una gioia soprattutto per me: quando invecchi, apprezzi di più».

Lo Zar bianconero è al suo massimo splendore e si concentra sul prossimo obiettivo: lo scudetto da far riportare in casa Virtus. Predrag Danilovic viene eletto MVP del campionato con medie di 21.1 punti e 3.6 rimbalzi (mai sotto la doppia cifra durante la stagione regolare), Ettore Messina miglior coach. Nei Quarti di Finale la Kinder supera la Calze Pompea Virtus Roma 3-1 con Predrag a segnarne 47 in gara-4 al Palazzetto dello Sport della Capitale. Numeri impressionanti con 8/13 da tre, 8/10 da due, che fanno il 70% dal campo, 7 su 7 a cronometro fermo più 7 rimbalzi e 3 assist. Talmente superiore e irridente da far impazzire di rabbia Attilio Caja e un giovane tifoso avversario che prova ad aggredirlo tra insulti e sputi di un pubblico romano inferocito.

La Pallacanestro Varese di Vescovi e Pozzecco verrà sconfitta 3-1 in semifinale dalle VuNere. E’ tempo quindi di finale tutta bolognese: Predrag Danilovic contro Carlton Myers, Kinder contro Teamsystem, Virtus contro Fortitudo.

IL TIRO DA 4

Sono cinque gare incredibili, allucinanti, entusiasmanti e tesissime che nemmeno si immagina. Gara-1 va alla Effe che ribalta subito il fattore campo, 34 di Myers, 80-81, 1-0 per la Fortitudo. Gara-2 se la riappropria la Virtus, 78-76 al PalaDozza con 30 di Danilovic, 1-1. Gara-3 è di nuovo della Fortitudo che si porta sul match-point, 69-76, 1-2 per la Teamsystem. Gara-4 la vince in rimonta la Kinder, di nervi è 57-59. Si va alla bella, la gara-5 che si gioca il 31 maggio 1998.

Il tiro da 4 – Credits Repubblica.it

E’ una battaglia finale, vibrante e adrenalinica. Kinder sotto di quattro a 26 secondi dalla fine, Gregor Fucka è sulla lunetta ma sbaglia il secondo tiro libero. Predrag Danilovic ha giocato veramente male sia in gara-3 che in gara-4, e fin qui ha messo dentro 7 punti con un pessimo 3/10 al tiro, 0/5 da tre. Ma Sasha vuole a tutti i costi l’ultimo tiro, tutto passa dalle sue mani. Così l’uomo nato a Sarajevo, con una caviglia ormai fuori uso passa in una frazione di secondo dal palleggio al tiro, sono quasi otto metri, quello deve essere il suo posto. L’ex Atlanta Hawks Dominique Wilkins (non in serata di grazia) lo controlla, ma troppo troppo vicino, commettendo un grave errore, madornale: lo tocca. La palla entra e Danilovic avrà un tiro libero supplementare. Pareggio, si va all’Overtime. Non c’è più storia perché la Teamsystem si smarrisce, finisce 86-77 per la Kinder. Per Predrag Sasha Danilovic è l’ennesima finale vinta, grazie a lui che in una sera di fine maggio ha inventato il tiro da 4, ha scelto quando azzannare. La Kinder realizza una doppietta che al basket italiano mancava dal 1987: campionato e Coppa dei Campioni.

Sasha Danilovic con il fumogeno – credits Virtuspedia

Ci sarà tempo per affrontarsi di nuovo nella final four dell’Eurolega 1999 e sarà ancora una volta la Virtus a vincere (57-62) con l’emblematica immagine di Sasha Danilovic con in mano il fumogeno come segno di vittoria che ancora oggi è adorata dai tifosi virtussini. Ma la Kinder si dovrà inchinare allo strapotere dei lituani dello Zalgiris Kaunas di Stombergas e Tyus Edney. In campionato invece due eliminazioni in semifinale contro i Roosters Varese nel 1999 e la Benetton Treviso nel 2000, l’anno dello scudetto Fortitudo. In mezzo per Sasha il terzo posto agli Europei ’99 e il sesto alle Olimpiadi australiane. Oltre a una splendido spot per la Kinder girato da Danilovic lasciato ai posteri in tema natalizio: “Bologna in una sera di neve”.

Così Predrag Sasha Danilovic si ritira a soli trent’anni compiuti nell’ottobre del 2000 dalla pallacanestro giocata. Ha preferito essere un campione rimpianto anziché un veterano compatito (“Qualunque altro campione del suo livello avrebbe potuto guadagnare un altro pacco di uomini, gestendo le energie e gli impegni. Invece, Sasha, come Platini, ha avuto grande rispetto di se stesso e di quello che ha saputo costruire decidendo di uscire di scena a 30 anni” Ettore Messina dixit).

Tornando nella sua Belgrado, Danilovic diventa co-presidente del Partizan insieme a Žarko Paspalj, Dražen Dalipagić e Ivica Divac, lavorando sotto il nuovo presidente del club Vlade Divac. Diverrà presidente successivamente nel 2007.

Il 18 maggio 2013 Sasha viene accoltellato in un ristorante di Belgrado a seguito di una rissa riportando ferite alla testa, alle braccia e all’addome. Viene trasportato in gravi condizioni in ospedale e operato d’urgenza.

Il 2 marzo 2014 la Virtus Bologna decise di ritirare la sua maglia numero 5.

Il 15 dicembre 2016 Sasha Danilovic diventa Presidente della Federazione di Basketball della Serbia KSS, rieletto il 1 dicembre 2020.
Si è sposato con Svetlana, giornalista della RTS, ha avuto tre figli tra cui la tennista professionista Olga, Sonja e Vuk.

IN ALTO STAT VIRTUS, IN ALTO CON DANILOVIC

«La nostra avventura è andata oltre le mie più rosee aspettative. – così disse tempo fa Roberto Brunamonti, la bandiera della Vu-Nere – Non è stato solo un compagno di squadra straordinario, e questo potevo aspettarmelo, ma ho incontrato un amico e una persona cara a cui voglio bene. Gli faccio tantissimi auguri, l’ho conosciuto che era poco più di un ragazzetto e adesso è un uomo che ha figli, famiglia, presidente della federazione serba, che ha continuato ad avere successo in quello che fa».

Predrag Danilovic ha diviso, a Bologna si poteva essere pro Danilovic o contro Danilovic. Indifferenti, MAI. La sua grandezza da atleta è stata l’assoluta capacità di vincere e di non deludere mai i suoi compagni di squadra disposti a tutto per stare in campo come voleva lui. Farlo significava alzare i trofei al cielo. Ha dominato senza divorarsi la palla, dando alla squadra l’impressione di esserne soltanto un pezzo, scegliendo il momento in cui fare sua la gara. Altri aspetti che vanno sottolineati sono la sua dedizione e la sua etica di lavoro. Per lui la pallacanestro era tutto, e ciò che ha realizzato in carriera è stato frutto di ore e ore trascorse in palestra ad allenarsi, con quel tiro dalla parabola alta che è diventata iconica.

Predrag Danilovic

Si è detto molto anche dei suoi duelli memorabili con Carlton Myers, in campo e fuori. Due che parevano volersi scannare, e poi sono diventati amici.

Chi è cresciuto in quegli anni, ne è rimasto segnato per sempre.

C’è chi può e chi non può. Noi, anzi io può.