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A2 Est – Giacomo Gek Galanda: “Alla Fortitudo serve un pivot vero”

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Gek Galanda

Giacomo Gek Galanda analizza la situazione in casa biancoblù. L’ex lungo tiratore ha vestito la maglia della Effe tra il 1997 ed il 2003, conquistando il primo scudetto della storia dell’Aquila. Il nativo di Udine dà consigli per gli acquisti: “Alla Fortitudo dei piccoli serve un pivot vero. Le tre promozioni sono una grande opportunità”.

Questa la sua intervista sul Corriere dello Sport:

La Fortitudo sta cercando un lungo straniero di stazza e centimetri che possa anche aprire il campo. Condivide il profilo?

«E’ vero che in A2 si gioca più leggeri e che ci sono meno lunghi dominanti, ma questa, per me, è una sconfitta del nostro movimento. Non utilizzare lunghi veri significa che non ne produciamo o ne produciamo molto pochi, con conseguenze anche sul modo di giocare. Schierare sempre quintetti piccoli vuol dire affidarsi costantemente all’individualismo e al gioco veloce. Non può essere l’unica soluzione. Mi sembra che la Fortitudo sia ben coperta nelle ali forti: Mancinelli e Benevelli hanno qualità ed esperienza. Se fossi in loro, cercherei un pivot vero».

Se giocasse ancora, la soluzione migliore sarebbe un lungo come… lei? «Uno come me servirebbe a tutti (ride), lo un precursore?

Può darsi. Mi distinguevo per essere un giocatore di sistema, poi ho avuto la fortuna di fare canestro quando serviva e di disputare delle buone annate. La mia caratteristica principale era quella di adattarmi alle necessità della squadra Potevo sfruttare situazioni favorevoli sotto le plance, oppure aprire il campo per permettere ai miei compagni di avere spazio vicino al canestro. Stiamo parlando di una pallacanestro diversa, oggi un lungo di 2,10 che possa giocare dentro e fuori dall’area è una merce rara per la A2».

Ritiene che un pivot vero sarebbe incompatibile con un Mancinelli portato a giocare spesso in post basso?

«Potrebbero esserci due giocatori in area. Se Mancio attira su di sé la difesa, può liberare un compagno in area Sicuramente lui ha più abilità sotto canestro che da fuori, ma sa passare la palla e tira dalla lunga distanza. Non dimentichiamo che Mancinelli è nato come ala piccola che si avvicinava a canestro, per cui sa giocare anche “fronte”».

Fin qui il roster biancoblù ha un’età media superiore a 31 anni. E’troppo vecchio per ambire alla Dromozione in Serie A?

«Giocando una volta alla settimana non c’è problema. Molto dipenderà dalla qualità: se la squadra riuscirà ad imporla sulla velocità delle avversarie non ci saranno difficoltà. Anche per questo sarebbe meglio pensare a un centro vero, molto più utile a una squadra non fresca e senza tanti giovani. Così si potrebbe esprimere una pallacanestro più ragionata anche in trasferta, un aspetto che è un po’ mancato gli anni scorsi».

Come valuta la coppia di playmaker composta da Fantinelli e Venuto?

«Una buona coppia, che ha voglia di fare. Mi piace. Va ricordato però che se una squadra gioca in modo che il playmaking non sia centrale, poi non può dare la colpa ai propri registi».Nella scorsa stagionela Fortitudo aveva ambizioni di vincere, ma c’erano squadre più forti, come Trieste, e altre che hanno dimostrato di giocare meglio, come Casale Monferrato. Alla Fortitudo è mancata la continuità».

Il Poz ha tradito le aspettative?

«Io tifo per lui, ma dopo un buon inizio non è riuscito a mantenere costanti la concentrazione e il rendimento. Comunque per me la Fortitudo non era la favorita a salire in Serie A».

Quest’anno potrà riuscirci?

«Le tre promozioni in palio sono una grossa opportunità. Non bisognerà viverla con angoscia, ma sapendo che le squadre veramente vincenti sono quelle che, quando non fanno canestro, riescono a mascherare i propri difetti e a rialzarsii l prima possibile».

Hasbrouck è l’esterno giusto per ambire alla promozione?

«E’ solido e conosce il campionato. Ha aggiunto esperienza ad un gruppo già esperto, forse si sarebbe potuto osare di più puntando su qualcuno un po’ più giovane».