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Igoudala, il Most Zen Player che può annullare LeBron

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AI v.II Team USA

Il basket è uno sport bellissimo. Come tutti gli sport bellissimi, e forse proprio grazie a questo, è profondamente ingiusto a volte. Il perchè si ritrova nella sua memoria breve. Non basta infatti essere stato un All Star, non basta essere stato un uomo franchigia e non basta aver fatto parte di uno dei team, a livello di nazionali, migliori al mondo (sempre dopo il dream team del ’92 e quella squadra meravigliosa che solo le tensioni politiche esterne ci hanno impedito di vedere: la Jugoslavia del ’92).

 

Non basta per avere 48 minuti assicurati in questa lega e non basta neanche per avere la certezza di partire in quintetto.Trovatosi in situazione in cui si è trovato a convivere Andre Iguodala. A quel punto l’ex Sixers avaeva due strade: Abbandonare per trovare un posto dove gli venissero garantiti minuti e leadership assoluta (oltre che più soldi), oppure perseverare nella scelta compiuta dopo l’esperienza interlocutoria a Denver e provare a vincere qualcosa. La seconda scelta richiedeva una virtù non scontata sui parquet Nba, la pazienza. Igoudala ce l’ha avuta e per questo, riprendendo la definizione di Scott Ostler del San Francisco Chronicle, possiamo dire che è sicuramente in questo senso il MZP, il Most Zen Player della stagione.

D’altronde la crescita di Harrison Barnes non permetteva a Iggy una presenza stabile in quintetto, anche alla luce delle primavere che vanno ad accumularsi. La stagione del giocatore di origini nigeriane è stata all’insegna del delicato compito di sesto uomo di una squadra da titolo, compito risultato ancora più importante in una squadra dove l’ex Nuggets è a suo modo un ufo, con la sua abilità difensiva ma anche con la possibilità di regalare varianti offensive al gioco degli Warriors che, ricordiamolo ancora una volta, non  è fatto solo da tiri da tre. Basti in questo senso pensare che gli Warriors sono solo al terzo posto per triple segnate in RS.

Essere un seto uomo non vuol dire però dimenticare come si gioca se si parte in quintetto. L’abbiamo visto in questa gara quattro, dove i numeri , per una volta normali, di un irreale James sono stati viziati clamorosamente dallo sportivissimo Igoudala. I numeri però, come dice anche Kerr, non devono ingannare: Non è stato un exploit difensivo estemporaneo quello di Igoudala. Riguardando i precedenti match la difesa di Igoudala era oggettivamente buona su James. Il problema è che per fermare uno come James non basta costringerlo a tiri a bassa percentuale, non basta limitarlo, se è in giornata Lebron mette dentro qualunque cosa. Nei 22 tiri tentati in gara quattro, almeno cinque di quelli sbagliati erano stati costruiti in egregia maniera, semplicemente il ferro li ha sputati fuori.

E ora? La fiducia di Kerr nel suo jolly difensivo non manca: lo ha definito il migliore dei suoi fino ad ora nella serie. Anche Curry ne ha esaltato l’attitudine. Lui per ora sorride e, nonstante la difesa dura, è sempre pronto a complimentarsi con un avversario (mentre in Italia qualcuno zittisce i bambini..) e a garantire lo stesso apporto anche se, come lui stesso ha ammesso, dopo 48 minuti contro Lebron “il cervello è fritto”.

Photo by Joseph Glorioso Photography