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Olimpia Milano, presentato il nuovo coach Ettore Messina

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Sandro Gamba, Dan Peterson, Franco Casalini, Marco Mordente, Beppe Bergomi, Toni Cappellari, il Capitano Andrea Cinciarini. Tutto il mondo Olimpia si è stretto per l’inizio di un nuovo percorso, quello che sarà firmato da Ettore Messina come allenatore e Presidente delle “Basketball Operations”, nel giorno della presentazione ai media.

La scelta di accettare Milano – “Dopo aver fatto per cinque anni l’assistente di Coach Popovich ero arrivato al punto in cui avevo il desiderio di tornare ad allenare. È avere la possibilità di farlo con le persone e i criteri giusti per me era la cosa più importante. Non è una questione di controllo o manie di potere, ma di non perdere energie nervose in situazioni in cui non hai la possibilità di relazionarti con persone di cui ti fidi. Magari mi diranno che sto facendo delle scemenze, ma attraverso il dissenso si arriva sempre ad una posizione che è la posizione di tutti”.

Dagli Spurs a Milano – “Quando ho deciso di andare a fare l’assistente di Coach Popovich vivevo un momento simile a quello attuale, in cui avevo voglia di lavorare con determinate persone, come lui, RC Buford, Manu Ginobili. Gli Spurs per me erano l’organizzazione con i valori più alti nel fare le cose per bene, insieme. Stando lì si è alimentata l’idea che potessi essere l’erede o di poter allenare da qualche altra parte. Ci sono andato vicino, ho fatto alcuni colloqui, ma vorrei eliminare subito il pensiero che sia qui perché non sono diventato capo allenatore nella NBA e allora ci sono rimasto male, che pure sarebbe un sentimento umano. Mi avrebbe fatto piacere, ma sono due cose completamente distinte. Se la proposta fosse stata solo quella di allenare, non mi avrebbe interessato. Ma allenare, e scegliere, coordinare le persone, questo è quello che mi ha convinto. Poi però farò l’allenatore: scelte le persone, allenerò. Come sta facendo Popovich a San Antonio. Lì c’è RC Buford che svolge il lavoro, fatto salvo che Popovich ha l’ultima parola su tutto, sulla firma di un giocatore, sulle cessione di un giocatore, sulle strategie. La speranza è di non utilizzare mai un diritto di veto, perché la macchina dovrebbe andare avanti con un occhio presente, ma non ossessivo. Non voglio essere così, avrò già i miei problemi ad allenare la squadra”.

Le responsabilità – “Sento il peso di dover fare le cose per bene, perché le aspettative della proprietà e della tifoseria sono molto alte, è umano, giusto che sia così. Ma so anche che non si possono saltare dei passi, alcuni sono fisiologici, non ci si può mettere a correre per guadagnare tempo. Ma dal primo giorno la squadra deve andare in campo in modo che si capisca che si sta andando nella giusta direzione”.

Cosa si deve fare – “Non voglio guardare indietro, per me questo è il giorno uno. Quello che c’è da fare, ma non lo dico io, perché è così in tutte le squadre del mondo, lo dice la storia ed è molto semplice: bisogna difendere come dei matti, passarsi la palla, assumersi le proprie responsabilità. Tutte le squadre che vincono fanno così. Succede a calcio, qui il nostro tifoso Beppe Bergomi può confermarlo, a basket, in ogni sport”.

L’organizzazione – “Vincere il campionato e fare i playoff in EuroLeague è possibile solo attraverso il comportamento delle persone, conta come ti prepari, come ti alleni, non c’è nulla di nuovo. Se non succede, ovviamente questo diventa un problema. Presto avremo una persona operativa in società, ma intanto qui c’è Alberto Rossini che è fondamentale, ci sono persone che lavorano nei reparti della società, Mario Fioretti e gli altri assistenti, voglio dire che non siamo fermi, la macchina va avanti, vive di vita autonoma”.

Campionato ed EuroLeague – “Il campionato italiano è competitivo, poi capire se lo è verso l’alto o il basso non è rilevante, ma di sicuro se non ci metti preparazione e impegno rischi sempre di perdere e inoltre vincere non è mai facile. L’EuroLeague è comlto competitiva. Ogni anno perde giocatori a favore della NBA, fatica a sostituirli, chi potrebbe, soprattutto i giovani, magari preferisce restare in G-League e attendere il proprio momento. Però è competitiva, arene piene, un’organizzazione di avanguardia e i playoff, le Final Four, sono uno spettacolo molto bello. L’Europa in generale sta affrontando problemi importanti, tensioni, ma l’Italia è il mio paese, ho affetti importanti qui, e voglia di lavorare per fare in modo che nel mio piccolo si possa fare qualcosa per aiutare e magari è importante”.

La lezione degli Spurs – “In questi cinque anni tanti hanno visitato gli Spurs, sono venuti allenatori e dirigenti, dall’Italia e altrove, ma pochi sono venuti a vedere l’aspetto che per me è più interessante ovvero il lavoro del performance group, tutte le persone che lavorano per giocatori e allenatori, che studiano i carichi di lavoro, l’alimentazione, il recupero dagli infortuni, i minutaggi. Quella è la nuova frontiera: permettere a giocatori, che sono importanti e costano tanto, di essere produttivi, efficienti e sani per il maggior numero possibile di partite, evitando gli infortuni, le recidive o carichi di lavoro gestiti male. Io vorrei in questo avvicinarmi a quel mondo, penso di poterlo fare. Studiare uno schema o una difesa, possiamo farlo al video.  Quello che accade dietro le quinte per me è davvero importante”.

Lunghezza del roster – “Stiamo riflettendo. Abbiamo un budget che si può utilizzare per un ampio numero di giocatori di medio livello oppure concentrarlo su pochi elementi e magari completare il roster con giocatori giovani. Ci sono strategie diverse sulle quali rifletteremo. Da ieri ho cominciato a parlare con i giocatori, voglio guardarli tutti in faccia, e dopo averlo fatto mi farò un’idea precisa di cosa può essere utile o non utile alla squadra”.

Tante competizioni – “Ho avuto la fortuna e l’onore di lavorare con il più bravo di tutti e che ha una grande capacità di relazionarsi con le persone. La sua è un’intelligenza emotiva che mi ha sempre colpito. Popovich  nel gioco ha un sesto senso unico nel capire quando bisogna spingere, andare piano e nel gestire i carichi di lavoro. Ho visto cose che mi possono aiutare nel mantenere la squadra ad un buon livello fisico per tutto l’anno. La differenza fondamentale è che il carico emotivo delle partite in Europa è diverso. Nella NBA perdere tre partite è grave ma non è un dramma. In Europa lo è.  E’ importante non farsi condizionare dalla gara precedente e da quello che potrebbe accadere nella successiva. Si perderebbero solo energie nervose. Bisogna giocare una partita alla volta”.

Il nuovo assistente – “Massimo Cancellieri ha scelto di fare il capo allenatore prima che arrivassi io, ci sarà un arrivo e potrebbe essere un tecnico americano. Lo vedremo presto, è una possibilità”.

Il roster e il gioco – “Ci sono contratti in corso, ci sono contratti che sono stati rinnovati, alcune situazioni sono favorevoli. Non tutti i giocatori li conosco, ma qualcuno invece l’ho allenato. Non ci saranno rivoluzioni. Non è ipotizzabile e non si può o deve ricominciare da zero. Ci sono annate in cui cominci sparato e tutto sembra bello, ma accade qualcosa e cambia tutto. Altre volte è il contrario. Mi piacerebbe essere pronto subito, ma non so se sia possibile. Però dobbiamo difendere, buttarci per terra e passarci la palla. Le squadre che vincono fanno così. Se non lo fai qualche volta puoi vincere, ma questo sforzo, questo tentativo, voglio vederlo fin dal primo momento”.

I cambiamenti dopo 5 anni – “Gli Spurs sono la migliore organizzazione sportiva al mondo, e non lo dico solo io, perché rispettano valori semplici che le persone ogni giorno cercano di portare avanti, il rispetto, la capacità di non prendersi troppo sul serio, la disponibilità a prendersi le proprie responsabilità senza scaricarle, l’altruismo. Il rispetto deve essere lo stesso per il presidente e per l’addetto ai materiali. E’ facile rispettare i potenti. Ma io questo l’ho visto fare da Tim Duncan ai ragazzi della video-room. A comportamenti analoghi corrispondono trattamenti analoghi e più bravo sei e più responsabilità hai. Nel mio immaginario lavorare lì era un sogno, poi non era sempre tutto bello, ma c’era la capacità dopo una sfuriata di recuperare un rapporto. Abbandonare tutto quello non poteva essere facile, ma l’ho fatto perché vorrei che quelle cose accadessero anche qui. Ma non succederà in un giorno”.

(1 – continua)

Qui puoi vedere la versione integrale della conferenza stampa

Ufficio Stampa Olimpia Milano