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Le pagelle di BasketItaly.it sulle partecipanti alle Final Eight di Coppa Italia 2019.

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foto da pagina Facebook Vanoli Basket Cremona

Si è conclusa con la vittoria della Vanoli Cremona la quattro giorni della Postemobile Final Eight 2019 di Coppa Italia. La squadra di coach Romeo “Meo” Sacchetti ha superato a pieni voti l’esame di metà stagione, e come in tutti gli esami ci sono promossi e bocciati. Ecco le nostre pagelle finali delle partecipanti alla competizione.

Vanoli Cremona 10

Ha vinto e, soprattutto, convinto tutti con la conquista del primo trofeo della sua storia. Non è più una sorpresa, ma una seria contender che anche ai Playoff-Scudetto vorrà dire la sua. Contro le tre avversarie incontrate a Firenze ha sempre imposto il suo gioco e grazie a un mix perfetto che sposa la caratura da leader dell’inossidabile Travis Diener con il talento di Wesley Saunders e Drew Crawford (Mvp della finale), la fisicità sotto-canestro di Mangok Mathiang a integrare la consueta raffica di triple con la fiducia sfoggiata in regia da Michele Ruzzier e sotto i tabelloni da un Giampaolo Ricci sempre più a suo agio non solo con i numeri della Facoltà di Matematica alla quale è iscritto, ma anche con quelli del tabellino (premiato come miglior rimbalzista, oltre che difensore, della manifestazione). Certo la strada verso la Coppa è stata resa meno accidentata dalle uscite di Milano e Venezia, ma Cremona l’ha saputa percorrere con quella serena determinazione predicata dal suo allenatore, Romeo “Meo” Sacchetti che ha vinto la sua terza Coppa Italia. Se a questo ci aggiungiamo anche la difesa fatta vedere nel torneo, allora si può dire che siamo di fronte alla nascita di una grande squadra.

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Happy Casa Brindisi 9

E’ mancata solo la zampata decisiva alla “Stella del Sud” per aggiudicarsi il primo storico trofeo, a una formazione che si è confermata altra vera realtà della nostra pallacanestro. Ma alzi la mano, chi, ad inizio stagione, avrebbe pronosticato Brindisi così in alto a metà febbraio. Non è arrivato quel quid in grado di cambiare l’inerzia nella finale, con una panchina meno profonda rispetto a Cremona e giocatori che fino alla Semifinale avevano dato tutto per raggiungere l’atto conclusivo, vedi Adrian Banks, Riccardo Moraschini e Jeremy Chappell, giocatori fondamentali nelle due vittorie su Avellino e Sassari che non hanno reso per quello che potevano. Ma di sicuro, i giocatori di coach Francesco Vitucci escono rafforzati da queste Final Eight, con la consapevolezza di non essere inferiori a nessuno. Menzioniamo tra i migliori il pivot John Brown III, giocatore premiato come il più spettacolare della competizione – ultimo ad arrendersi nella finalissima insieme a Tony Gaffney – e lo splendido pubblico brindisino, giunto in massa a Firenze per inseguire un sogno.

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Banco di Sardegna Dinamo Sassari 7,5

Per Sassari era una Coppa Italia piena di aspettative. Squadra per talento, e budget, inferiore a poche, con troppi problemi al suo interno, oltre a quelli legati agli infortuni – Scott Bamforth – , culminati con le dimissioni di coach Vincenzo Esposito subito prima dell’evento. E il subentrato Gianmarco Pozzecco ha trovato il modo per inserirsi tra le storie più belle, se ce lo consentite. Arrivato a soli tre giorni dall’inizio della manifestazione, tra mille scetticismi date le esperienze passate ha semplicemente messo in atto un capolavoro quasi sfiorato, riuscendo a trasmettere ai suoi uomini tutta la sua grinta, voglia, e trasporto con la Dinamo capace di due rimonte clamorose in due giorni di fila nel segno del canadese Dyshawn Pierre, mvp nella vittoria contro Venezia, di Marco Spissu, Jaime Smith e Rashawn Thomas. Contro Venezia, per come è arrivata con il canestro del solido e roccioso Jack Cooley e una rimonta pazzesca da -20, ha fatto capire che, come si pensava, non sono esattamente tecnici i problemi della Dinamo. Contro Brindisi sono usciti, invece, alcuni drammi sportivo-caratteriali di quando le cose non girano bene per alcuni. Ma si può constatare che queste Final Eight sono state uno spaccato della stagione di Sassari, regalando sì due partite appassionanti al pubblico fiorentino e televisivo, ma tanti alti e bassi che non possono sicuramente ripresentarsi troppe volte da qui alla fine della stagione regolare. Ora viene il difficile perché bisognerà andare oltre al solo cuore lanciato sul parquet. Questione di un canestro fatto in più o in meno, ma con la consapevolezza di poter essere una bella realtà del futuro finale di campionato. Specie se inizierà a giocare non solo per rimontare…

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Segafredo Virtus Bologna 7

Il voto rispecchia la perfetta media tra l’impresa compiuta contro Milano con autorità e decisione (voto 9), e la sconfitta netta subita contro Cremona (voto 5). La vittoria contro l’Olimpia ha fatto capire che il gruppo bianconero allenato da coach Stefano Sacripanti ha tanto talento e possibilità per poter ambire a raggiungere posizioni molto più alte rispetto a quella occupata attualmente. Perchè come ha fatto intuire lo stesso Amath M’Baye alla fine del Quarto di Finale, se si comincia con la motivazione di giocare con il fuoco dentro e il dente avvelenato come contro la sua ex squadra, nulla è precluso e da qui si deve ripartire. Con un’impresa firmata dalla pressione sugli attaccanti avversari, l’impatto di Yanick Moreira che ha neutralizzato Omic e Burns, la verve offensiva di Tony Taylor e l’ottima gestione di David Cournooh. Tranne, ovviamente, in quegli ultimi, decisivi secondi che hanno rischiato di buttare all’aria la qualificazione in Semifinale… Che è stata giocata al contrario senza sostanza, senza la consueta “garra” prendendo parziali da cui rialzarsi diventa difficile. Senza la determinazione mostrata due sere prima, le V Nere sono state le vittime sacrificali della Vanoli, affidandosi alle sole individualità offensive (vedi l’ottimo Pietro Aradori) seppure con molte forzature evitabili, subendo sotto le plance e il p&r centrale cremonese. Insomma, due facce di una stessa medaglia con Kevin Punter confermatosi molto ondivago. Però, di sicuro sono state delle Final Eight positive, un punto di partenza per poter proseguire la stagione in modo convinto tra ambiente, società e i numerosi tifosi virtussini che erano presenti al Nelson Mandela Forum.

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Openjobmetis Pallacanestro Varese 5

Forse la squadra più anonima e abulica di questa Coppa Italia. Troppo molle per essere vera in alcuni giocatori chiave che hanno fallito il primo dentro/fuori della stagione. Che il momento non fosse dei migliori per la banda di coach Attilio Caja era abbastanza preventivabile, ma arrendersi senza nemmeno provarci no. Non un bel segnale per il prosieguo della stagione. L’atteggiamento nel Quarto contro Cremona è stato a dir poco remissivo per tutta la partita, con il play Ronald Moore apparso come un fantasma col solo capitan Giancarlo Ferrero a tener in piedi la baracca finchè ha potuto. Aleksa Avramovic ha inciso solo a partita conclusa, non pervenuto Archie, dimenticato nel pitturato il volenteroso Tyler Cain, mai in ritmo un seppur caparbio Thomas Scrubb. Quindi, in generale, la sensazione è che la Pallacanestro Varese fosse quasi in gita premio a Firenze e le dichiarazioni di Caja a fine match (“Siamo contenti di aver disputato la manifestazione come premio alla nostra prima parte di campionato”) sembrano avvallare questa tesi. Urge ritrovare continuità: Ronald Moore e Dominique Archie, soprattutto, sono due delle chiavi di volta di questa Varese: senza di loro il motore batte, ampiamente, in testa. E’ indispensabile che il duo si rimetta presto al lavoro, perché tra FIBA Europe Cup e Campionato la strada dell’Openjobmetis è ancora lunga…

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Sidigas Scandone Avellino 5

Un anno dopo, ancora una bocciatura per i bianco-verdi alle Final Eight di Firenze. É cambiato quasi tutto rispetto allo scorso anno, con il ciclo Sacripanti che si è chiuso, ma non sono cambiati in positivo i risultati. La Scandone esce ancora dopo solo una partita e lo fa in maniera ancora più beffarda rispetto al 2018: dopo un primo quarto non all’altezza, i biancoverdi hanno prodotto un terzo periodo che gli ha regalato il record assoluto dei punti realizzati in un solo quarto di gioco (ben 40 con uno straordinario 8/10 da 3), ma non è bastato per aggiudicarsi la semifinale. La sconfitta brucia di più se si pensa che Avellino era già conscia delle eliminazioni eccellenti di Milano e Venezia, e si sarebbe potuta seriamente candidare come una probabile vincitrice; invece, un ultimo quarto da soli 12 punti realizzati e ben 26 subiti ha consegnato ai giocatori di Nenad Vucinic l’ennesima delusione stagionale per squadra e i tanti tifosi irpini presenti a Firenze. Come nelle ultime gare, la Scandone non ha saputo gestire il vantaggio ed è arrivata alla lotteria dell’ultimo tiro mancandolo con Keifer Sykes nell’ultimo possesso a favore. Sicuramente le attenuanti degli infortuni a raffica ci sono (Demetris Nichols, Patric Young, Matt Costello), così come la burrasca dei problemi societari, ma non possono e non devono essere un alibi. Questa squadra può conquistare la miglior posizione possibile in campionato, in vista dei playoff, dove può finalmente essere tra le protagoniste perché lo spirito ed il talento di certo non mancano, il cuore e il carattere come mostrato a Firenze, ci sono ancora. Ciò che non riesce sempre, è quel quid in più per fare il salto di qualità…

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A|X Armani Exchange Olimpia Milano 4

Cosa dire… troppo brutta per essere vera l’Olimpia che per la seconda edizione di fila della Coppa Italia è uscita alla prima partita. Partiva con tutti i favori del pronostico, sulla carta non avrebbe dovuto avere rivali, malgrado gli infortuni (quello di Arturas Gudaitis si è fatto e si sta facendo sentire notevolmente con Alen Omic risultato nullo soffrendo non poco il pari-ruolo Moreira, non che Burns abbia fatto meglio…). Si è verificata quindi l’unica cosa che avrebbe potuto battere le scarpette rosse: la supponenza, un’Olimpia inaccettabile per atteggiamento, che abbatte anche il più forte dei più forti, ed in una competizione ad eliminazione diretta se non stai con la testa sulla partita per tutti i 40 minuti alla fine la paghi decisamente. La Virtus ha ingabbiato completamente le bocche da fuoco meneghine (su tutti un incredibilmente negativo Mike James, 3/18 al tiro) controllando per larghi tratti il match, dove i soli James Nunnally, Jeff Brooks e Vladimir Micov, hanno strappato la sufficienza, nonostante l’inutile tentativo di rimonta nel finale. Ennesima brutta figura e fallimento per coach Simone Pianigiani in Coppa Italia a distanza di un anno, che ora spera di potersi riscattare con la conquista dei play-off di Euroleague. Un limite quindi “le partite secche”, che però si scontra con l’obiettivo dell’italico “triplete” (Supercoppa, Coppa Italia e Campionato) dichiarato anche all’inizio di questa stagione dai vertici del club. E che stride anche con gli investimenti fatti anche in corso d’opera. Comunque, Milano rimane senza dubbio la stra-favorita per la conquista del campionato, ma se dovesse continuare ad offrire queste prestazioni, sognare per gli altri rimane lecito. Di certo un trofeo che era alla portata è andato perso.

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Umana Reyer Venezia 4

Il bilancio non può che essere negativo. Perchè dopo l’uscita di scena di Milano il giorno prima, la squadra veneziana era diventata la compagine su cui puntare, forte del 2° posto in campionato. Aveva l’obbligo di superare finalmente il benedetto Quarto di Finale e la rivale Sassari. Era avanti di 20 sul 72-52 evidenziando una netta differenza tecnica sulla Dinamo per lunghi tratti del match e poi….. BLACK-OUT. Totale. Era già costata qualche sconfitta di troppo alla Reyer in campionato, ma si è materializzata in una catastrofe sportiva veneziana con il canestro di Cooley a punirla a 1” dalla sirena che ha sancito la 7ma eliminazione su 7 nella storia orogranata alla prima partita delle Final Eight. Senza orma di dubbio il ko più amaro e doloroso della gestione di coach Walter De Raffaele, come ha lui ammesso in conferenza stampa. Da capire la gestione del turnover degli stranieri per il capo-allenatore livornese, esempio lampante la scelta di lasciare fuori Gasper Vidmar a riposo in una sfida che ha visto l’Umana soffrire tremendamente sotto le plance (22 a 38 la statistica impietosa a rimbalzo!), dove guarda caso si è decisa la sfida nel penultimo possesso, e ad affidarsi TROPPO al “San tiro da tre”. Oppure i ben 35′ in panchina a Andrea De Nicolao, o la panchina per lunghi tratti di ultimo quarto a Stefano Tonut, fin lì il migliore di Venezia. Lo smarrimento dello staff tecnico si è sublimato nel finale del match, quando prima Julyan Stone non ha recepito il messaggio di non commettere fallo sul +2 a pochi secondi dalla sirena, ma in specie quando De Raffaele si è trasformato in Babbo Natale donando al rivale Pozzecco l’ultimo minuto di sospensione per disegnare lo schema che è risultato appunto vincente a tre secondi dal termine. Se ne è forse andato così l’unico trofeo stagionale alla portata dell’Umana Reyer? Ai posteri l’ardua sentenza.

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