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NBA Week 4 – Memphis e Toronto: uno sguardo sulle nuove potenze dell’NBA

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NBA - SlideUn mese dal kick-off e in cima alle rispettive conference troviamo due team difficilmente pronosticabili come leader a questo punto della stagione: Toronto Raptors e Memphis Grizzlies.
Entrambe le squadre fanno dell’atletismo e della forza fisica la loro arma principale ma oltre a questo i team di coach Casey e coach Joerger hanno ben poco altro in comune.

Agli albori della scorsa stagione ebbe inizio la rivoluzione in terra canadese, con l’epurazione di Bryan Colangelo e del suo protetto Andrea Bargnani, first pick mai troppo amata in Ontario; una rivoluzione che ebbe il suo culmine poi lo scorso dicembre con la trade con i Kings e la conseguente cessione della stella Rudy Gay. Dal quel momento le chiavi della franchigia sono passate nelle mani di DeMar DeRozan e intorno a lui è stato forgiato un roster (merito anche di scelte del bistrattato Colangelo) forse dal talento puro meno evidente ma di certo con una maggiore voglia di difendere e un impatto fisico tra i più imponenti della Lega. Tanta corsa, ritmi alti, atletismo a dismisura: ecco dunque che nel corso delle gare si sono ritagliati uno spazio sempre più importante Amir Johnson, Terrence Ross e soprattutto Jonas Valanciunas, oramai vero mattatore sotto le plance. Se a questo zoccolo duro aggiungiamo l’estro dell’imprevedibile Kyre Lowry ecco creatosi un gruppo che, numeri alla mano, ad Est negli ultimi dodici mesi ha raccolto risultati migliori di tutti (in termini di vittorie in regular season), più dei Bulls, più dei Pacers e persino più degli Heat.

In Tennessee invece si sta raccogliendo ciò che è stato seminato negli ultimi quattro anni. Il segreto del successo del team è tanto semplice sulla carta quanto complicato da mettere in pratica. difesa, difesa, difesa. I Grizzlies con il loro pace bassissimo – il più basso della lega considerando le ultime tre regular season – e i loro meccanismi difensivi sono in grado di ingolfare sia gli schemi dei team più organizzati con Spurs e Warriors le vittime più illustri, ma anche di mandare fuori ritmo le stelle dei team avversari – Westbrook e Paul ne sanno qualcosa.
La fisionomia della squadra è ben delineata: sotto le plance la presenza delle vere twin towers dell’NBA (perché quelle che possiamo osservare a Detroit sono solo un abbozzo malissimo riuscito di questa ideologia di basket, e non di certo per colpa degli interpreti): Marc Gasol garantisce fisicità, intimidazione, QI cestistico e un arsenale di movimenti infinito in attacco, Zach Randolph rimbalzi e una delle mani tra le più dolci di tutto il panorama della Lega. A questi vanno aggiunti uno o più specialisti difensivi – oggi Tony Allen e Tayshaun Prince che però in fase offensiva non rappresentano di certo un malus. A questi va aggiunto il talento del playmaker più underrated della lega, quel Michael Conley Jr., un metronomo abilissimo sia a smazzare assist che nel realizzare canestri, e che rappresenta più di tutti la vera cartina di tornasole del team. Il vero upgrade di Memphis è avvenuto poi nel corso nell’ultimo anno con l’acquisto di un buonissimo scorer come Courtney Lee e ultimato in estate con l’approdo del veterano Vince Carter, in grado di aprire gli spazi con il suo gioco oramai collaudato dietro l’arco.

Forse è la pallacanestro tra le meno spettacolari espresse tra i big team della lega, ma rappresentando una mosca bianca in una Conference dove l’attacco è ancor di più predominante sulla difesa non può che essere oggetto di plauso e di attenzioni da parte di critica ed appassionati.