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L’Analisi – Breakdown della Virtus Roma

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Gigi Datome e tifosiPREMESSA – Lo sviluppo delle analytics e lo sbarco della sabermetrica nella pallacanestro hanno concepito un nuovo mantra del parquet: il box score tradizionale mente. Lo dicono gli americani, loro ne sanno più di noi, oltretutto sono i numeri a parlare. Eppure quando viene affrontato in Italia l’argomento, la maggioranza tende erroneamente a citare la sola NBA, come se le tesi degli studi fossero un’esclusiva della lega più famosa al mondo. Insomma, questo benedetto box score tradizionale mente anche in Europa, nessuno mai lo ricorda. Ascoltando le telecronache delle partite che vedono impegnata la Virtus Roma, ho notato sempre una costante. Pur trattandosi di emittenti e coppie di telecronisti diverse, la menzione dei tiratori più pericolosi della squadra capitolina non comprende più Lorenzo D’Ercole. Cosa abbastanza assurda, se si pensa che il giudizio unanime di due anni fa lo inseriva tra i migliori del nostro campionato. Non ci vuole molto a trovare una spiegazione a questo cambio repentino di opinione: il playmaker toscano, da quando Luca Dalmonte siede sulla panchina di Roma, tira con il 28% dalla distanza, numero che in stagione scende a ridosso del 25%. Le due cifre appena citate potrebbero bastare ad escluderlo dalla categoria dei tiratori, nonostante nelle statistiche di carriera compaia un 36% complessivo, con picchi stagionali anche del 40%. Apparentemente ha ragione chi dice che l’attuale capitano della Virtus non rappresenta più una minaccia da dietro l’arco, così come chi nel raccontare una partita o nel prepararla tatticamente non tiene più conto di lui. La realtà a chi segue le vicende della pallacanestro romana risulta molto più chiara. Dietro ai numeri odierni c’è un mondo, fatto di diverse filosofie offensive e di cambiamenti. Un mondo che il telecronista a livello nazionale e l’allenatore non possono conoscere, semplicemente perché non tutte le partite degli ultimi tre anni della Virtus hanno goduto della copertura televisiva. Il box score è da sempre una fonte importante dalla quale attingere informazioni, in particolare quando non è possibile visionare il numero di filmati che si vorrebbe. Andiamo a scoprire cosa si cela dietro il calo di Lorenzo D’Ercole. Nell’analizzare i diversi fattori sono emerse anche altre interessanti “scoperte” sulla Virtus Roma.

OSSERVAZIONE EMPIRICA – Partiamo da ciò che dice l’occhio umano. La Virtus di Marco Calvani era una squadra che faceva molto affidamento sulla transizione offensiva. A trarre vantaggio da quel sistema di gioco era proprio Lorenzo D’Ercole, ottimo tiratore catch and shoot, rapido a sufficienza da poter rappresentare un pericolo. La presenza di Gigi Datome rendeva tutto più semplice: la minaccia primaria per le difese proveniva proprio dall’allora miglior giocatore del campionato, in grado di poter arrestare la corsa e tirare, così come attaccare il canestro e posterizzare gli avversari. Inutile dire che la transizione difensiva avversaria finiva per collassare sul secondo, lasciando al primo tempo e spazio per trovare la retina. La partenza di Marco Calvani ha inevitabilmente stravolto le carte in tavola. È arrivato Luca Dalmonte, il quale ha portato con sé una nuova visione della pallacanestro. Con la composizione progressiva del roster, tutto è apparso più chiaro: già dalle prime uscite, la Virtus ha mostrato di essere una squadra non più fondata sugli alti ritmi e dal baricentro nella metà campo avversaria spostato sensibilmente verso il perimetro. Il secondo cambiamento era ipotizzabile, data la perdita di Gani Lawal e lo smantellamento dell’asse play-pivot costruito con Jordan Taylor. A variare non è stata solo la quantità delle triple, ma anche la tipologia. I tentativi questa volta sono generati dalla circolazione della palla a difesa schierata, non più dalla transizione. Le prestazioni di Lorenzo D’Ercole erano alla vigilia della scorsa stagione fortemente a rischio, allo stesso modo era quasi annunciata la crescita di Phil Goss e Bobby Jones. L’occhio umano ci fornisce un buon punto di partenza, adesso servono però dei dati a sostegno. È proprio da qui che parte lo studio delle statistiche avanzate.

Lorenzo D'Ercole

I PROFILI INDIVIDUALI – Il primo studio individuale non poteva che riguardare Lorenzo D’Ercole. Raccogliendo i numeri del suo box score medio è stato possibile creare una rappresentazione grafica. L’utilità di un grafico di questo tipo è quella di rendere il tutto immediato e visibile per il lettore, altrimenti costretto a perdersi in una miriade di numeri con la virgola e percentuali. L’impatto è di facile lettura: Lorenzo D’Ercole è calato in quasi tutte le voci, sotto la guida Luca Dalmonte, fatta eccezione per la percentuale da distanza ravvicinata. Il divario diventa netto quando si parla del minutaggio e dell’efficacia da dietro l’arco. Il box score tradizionale, in questo caso nella sua trasposizione grafica, ci conferma il preannunciato peggioramento. Quella che all’alba della stagione era una preoccupazione, con il tempo è diventata una realtà concreta. Ovviamente siamo solo all’inizio, abbiamo appena visto che il calo c’è stato. Continuiamo con lo studio degli altri due giocatori citati in precedenza, per capire come si sono evolute le prestazioni dei tre rimasti a Roma. L’esclusione di Jordan Taylor è voluta per via delle ridotte apparizioni nella seconda stagione.

Bobby Jones

EXCELLENT JOB, BOBBY! – Per quello che era stato il suo inizio con la maglia della Virtus Roma, affiancare la parola efficienza al nome di Bobby Jones rappresentava un’eresia cestistica. Una volta forse, ora non più: i miglioramenti sono notevoli. Torniamo al discorso di prima sull’immediatezza di un grafico, l’impatto visivo è impressionante. Il massimo al quale un giocatore possa aspirare in questo genere di rappresentazione è la presenza di una crescita e di due linee di rendimento parallele, le quali indicherebbero uno sviluppo che interessa tutte le voci. Il ragazzo che svegliava Allen Iverson ai tempi dei Sixers ci è praticamente riuscito. L’assenza di studi analitici condotti sulla pallacanestro italiana spesso lascia in ombra giocatori che meriterebbero più luce. Bobby è uno di loro, con qualche dato avanzato in più a disposizione, le squadre di vertice ci avrebbero fatto un pensiero. È il giocatore più sottovalutato del nostro campionato? Non abbiamo sufficienti informazioni per dirlo, ma di sicuro rientrerebbe a pieno diritto nella discussione. Il neo “regista”, autore dell’interessante documentario sul viaggio oltreoceano degli americani, ha tirato fuori tutto il potenziale dalla propria “sceneggiatura” cestistica, quella che gli aveva fatto conquistare una chiamata al draft. Chiaramente per spiegare picchi di questa portata non basta nominare Luca Dalmonte. Il nuovo sistema offensivo si adatta molto alle sue caratteristiche, ma l’apporto fondamentale proviene dal lavoro individuale.

Phil Goss

IL CERCHIO SI CHIUDE – Il terzo profilo analizzato è quello di Phil Goss. Dopo l’ufficializzazione dello sbarco nella città dei motori di Gigi Datome, il testimone di leader e miglior giocatore è immediatamente passato nelle mani dell’attuale tesserato della Reyer Venezia. Il maggiore spazio e le duplicate responsabilità mettevano Goss nella condizione di dover a tutti i costi fare il grande salto di qualità. Che le medie stagionali sarebbero cresciute era più che prevedibile, ma sul rendimento effettivo la certezza assoluta non la si poteva avere. Il suo profilo statistico mostra un evidente sviluppo, segno che le aspettative sono state rispettate. La disamina dell’evoluzione delle tre pedine fondamentali nella costruzione della Virtus di Dalmonte è l’antipasto del passaggio successivo. Finalmente è arrivato il momento di individuare le conseguenze di quanto appena visto, studiando il trio D’Ercole-Jones-Goss nella sua totalità.

Trio

Il TRIO – Il rendimento complessivo era il vero nostro primo obiettivo. Lo studio del box score combinato richiedeva il recupero dei numeri dei singoli. Per farla breve, i profili individuali sono una tappa intermedia che ha bisogno di qualche minuto in più per essere formalizzata. Quante volte vi è capitato di fare un lungo calcolo e segnare comunque i parziali? Lo stesso è stato fatto in questo caso, in particolare perché i “parziali” potevano tornare utili. Come potete vedere, c’è stato un progresso collettivo da parte delle pedine fondamentali. Cominciano ad arrivare dai numeri le prime risposte: la crescita di Jones e Goss è stata tale da compensare abbondantemente il calo di Lorenzo D’Ercole. Ecco perché il playmaker nativo di Pistoia non è mai stato oggetto di critiche. In più è apparso evidente nel corso della stagione l’atteggiamento a riguardo di Luca Dalmonte, mai visibilmente preoccupato. La voragine è stata coperta all’istante, per questo non c’è mai stato l’impellente bisogno di recuperarlo a livello offensivo. Il coach ha potuto permettersi di lasciarlo ai margini dell’attacco, i numeri lo consentivano. Non c’era alcuna necessità di spingere il giocatore a prendere più tiri sperando nell’inversione di tendenza.

CONCLUSIONI SECONDARIE – La costante dei rimbalzi non può essere ignorata. Il trio è interamente composto da piccoli. Sappiamo che Bobby Jones può giocare anche da centro senza grossi problemi, ma sulla carta la sua posizione primaria rimane quella di ala piccola. In proporzione, il divario numerico è marcato, sintomo dell’eccellente lavoro svolto da Marco Calvani, straordinario se si pensa che Luca Dalmonte non è considerato da meno. Un dominio sotto i tabelloni al quale contribuivano anche i giocatori meno indicati, caratteristica che ha consentito a Roma di raggiungere la finale scudetto.

Tabella offensiva

L’EFFICIENZA OFFENSIVA – Un corretto modus operandi imporrebbe a questo punto l’utilizzo di una shooting chart di Lorenzo D’Ercole, assieme ad una mappa delle aree interessate dalla transizione targata Marco Calvani. Tutti dati che per il nostro campionato non sono reperibili, e forse mai lo saranno. Per questo abbiamo dovuto fare il giro largo, studiando i numeri di squadra. Molti di voi saranno sorpresi nell’osservare la tabella riportata sopra. Comprensibile, le ragioni sono presenti nero su bianco. I numeri “tradizionali” con i quali si giudica l’operato in attacco di una squadra lasciano presagire grande equilibrio, in particolare la percentuale dal campo, se non addirittura un migliore rendimento della Virtus sotto Calvani. Le statistiche avanzate servono a questo, come detto prima, a ribaltare le apparenze. C’è poco da interpretare: Roma è stata nettamente superiore a livello di efficienza offensiva nel corso della prima stagione di Luca Dalmonte. Cercherò di spiegare brevemente ogni singola voce per coloro che sono meno pratici. Tralasciando le prime due righe, la terza ci fornisce un dato interessante. Il pace è il numero di possessi puri che una squadra gioca nel corso di una partita. Vengono eliminati gli extra possessi generati dai rimbalzi offensivi, quindi la cifra che vedete è influenzata prevalentemente dal ritmo di gioco. Abbiamo la conferma di una delle ipotesi di partenza: l’andatura con il cambio di panchina si è abbassata. L’offensive rating è probabilmente il valore più influente all’interno dello schema, esso rappresenta la stima dei punti che una squadra è in grado di mettere a referto in un numero convenzionale di possessi. Per l’NBA si utilizzano i 100 possessi, in questo caso ci siamo adatti allo standard dell’Eurolega (70 possessi). In poche parole, la Virtus di Calvani con a disposizione 70 possessi realizzava all’incirca 72,9 punti, quella di Dalmonte 74,5. Per quanto concerne le percentuali, sono presenti sia quelle reali che quelle effettive. La percentuale reale (TS%) serve a stimare le prestazioni complessive, includendo anche i tiri a cronometro fermo, mentre l’effettiva (eFG%) si basa sul punto in più che una tripla offre. Tenete a mente la riga che indica la percentuale dei tiri andati a bersaglio generati da assistenze, perché la riprenderemo più avanti.

PIGRIZIA E POCHE RICHIESTE – Avremmo voluto fare il medesimo paragone a livello difensivo, ma non è stato possibile. Il database statistico presente in rete contiene esclusivamente elementi parziali. Della stagione che ha visto Marco Calvani sedere sulla panchina di Roma sono riportati i numeri in difesa di sette partite, non sufficienti a rappresentare un campione valido. Provare a farsi un’idea generale sarebbe stato altrettanto sbagliato, non essendone specificata la provenienza. Per assurdo le partite potrebbero essere state giocate contro squadre di vertice, nessuno ci dice che ad esse corrispondano sette avversarie diverse. I dati di cui avremmo avuto bisogno per studiare le difese, così come quelli utilizzati in precedenza per gli attacchi, sono “composti”. Si prendono i numeri del box score tradizionale e si utilizzano delle formule, noi abbiamo creato un comunissimo foglio di calcolo per agevolare il lavoro. Off rating, TS%, eFG% e le restanti sono statistiche che potrebbero benissimo comparire anche sul sito ufficiale senza richiedere chissà quali conoscenze informatiche e matematiche. La pigrizia della Lega è il primo dei fattori che impediscono tutto ciò, anche se la componente chiave è l’assenza di richieste. Le statistiche avanzate interessano poco agli appassionati di pallacanestro italiana, per questo non vengono fatti grossi passi in avanti. Il giorno in cui arriverà una spinta dal basso, i piani alti saranno stimolati al progresso.

Punti Calvani Punti Dalmonte

LA PROVENIENZA DEI PUNTI – Abbiamo appreso che il ritmo è calato, ora spostiamo la nostra lente di ingrandimento sul baricentro della squadra. La provenienza dei punti è una ricerca più simpatica che utile, non da sottovalutare essendo assai concreta. Come possiamo notare, la Virtus di Dalmonte ha prodotto di più dalla distanza e meno da vicino rispetto alla versione di Calvani. Il 19% dei punti di entrambe le squadre proviene da situazioni a cronometro fermo. Durante la stagione 2012/2013 la squadra andava più volte in lunetta, cosa che vedremo tra poco nello specifico, ciò indica che una grande quantità di punti è stata lasciata sul parquet per colpa del 71,1%.

Esito Dalmonte

NON TROPPO SBILANCIATA – Il baricentro si è spostato nettamente rispetto alla stagione precedente. Adesso possiamo affermarlo con assoluta sicurezza. Per quanto il tutto possa risultare eloquente rispetto all’era Calvani, la Virtus non è assolutamente tra le società più sbilanciate del nostro campionato. Quando a Roma in conferenza stampa Pozzecco ha parlato del gioco interno, prossimo ad estinguersi in Italia, ha detto una verità sacrosanta. Abbiamo davanti ai nostri occhi un esempio lampante, una squadra che faceva del gioco interno la propria forza e che è passata ad essere una compagine a trazione perimetrale.

Esito Calvani

UN GIOCO DA LECCARSI IL BAFFO – Nonostante non si tratti di una vera e propria opera d’arte, osservando questo grafico a torta è possibile essere colti dalla sindrome di Stendhal. Non ci sono dubbi sul fatto che la maggioranza degli aspiranti allenatori e di coloro che svolgono l’attività nelle categorie minori firmerebbe per vedere la propria squadra giocare in modo così equilibrato. Lo dicono anche i numeri, sul piano estetico non c’è paragone: la Virtus di Calvani era una squadra che cercava di attaccare il canestro, viaggiava a ritmi elevati e le palle perse erano il prezzo da pagare per compensare i numerosi passaggi dal quoziente di difficoltà elevato. Il gioco proposto da Dalmonte è sicuramente meno spettacolare, basato su una circolazione perimetrale, di conseguenza più conservativa. Proprio in questo contesto rientra l’ottima percentuale di canestri generati da assist ed il migliore rapporto rispetto alle palle perse. Tutta la fenomenologia della stagione 2013/2014 è racchiusa nelle due tavole appena viste. Le molte critiche ricevute dal gioco di Dalmonte ad inizio stagione sono riconducibili alla mancanza di un riscontro numerico. Per l’ex coach di Cantù hanno parlato con il tempo i dati, ma soprattutto le cifre che ne indicano la grande efficienza offensiva. Il nostro viaggio si conclude con quello che concretamente stiamo vedendo in campo nelle ultime uscite.

Sequenza

COSA ACCADE IN CAMPO? – La sequenza, estratta dalla gara esterna contro Pistoia, è emblematica sotto tutti i punti di visti. Moretti schiera la zona 1-3-1. Lo capiamo dalla disposizione, dalla presenza dell’uomo a copertura del canestro e dalla corsa verso il ferro di Linton Johnson, generalmente uno dei movimenti conclusivi tipici della 1-3-1. Il playmaker difensivo è a tutti gli effetti Filloy, ciò rende la difesa molto mobile e aggressiva. Non bisogna stupirsi della presenza di una guardia a copertura del canestro, cosa per nulla rara, parliamo di una delle mode FIP (proprio in un testo didattico della Federazione che ho studiato tempo fa c’era l’esempio della 1-3-1 della nazionale femminile, nella quale è utilizzata la guardia a copertura). Moretti in questo caso è ulteriormente agevolato dalla presenza in campo del quintetto piccolo della Virtus: l’unico lungo è De Zeeuw. Roma risponde alla zona con un 4out set. Il possesso inizia da Stipcevic, il quale interrompe il palleggio per effettuare il passaggio. Ejim riceve, contemporaneamente si apre una linea di passaggio per Maxime De Zeeuw. Nel momento in cui la palla giunge nelle mani del belga, Roma ha diverse opzioni, tra le quali ovviamente Lorenzo D’Ercole nell’angolo. Pistoia è fuori posizione e deve decidere in una frazione di secondo. Senza pensarci troppo gli uomini di Moretti sacrificano la possibilità di andare a chiudere su Lorenzo D’Ercole per raddoppiare. Filloy va sul belga, mentre Johnson sulla carta l’unico in grado ormai di contrastare la possibile tripla di D’Ercole rimane orientato più su Triche. Il possesso si conclude con il fallo speso da Filloy, quindi in modo produttivo per Roma che va in lunetta. Va detto che in una situazione del genere uno scarico rapido equivale ad una pugnalata (la 1-3-1 è vulnerabile proprio agli spostamenti rapidi della palla). Alla lunga l’azione migliore è quella che prosegue con la sfera che arriva nelle mani di Lorenzo D’Ercole, la difesa che deve rapidamente andare a coprire e il giocatore che può tirare oppure fintare ed attaccare il canestro. Non è la prima volta che Lorenzo viene ignorato, evidentemente nemmeno i compagni lo considerano un buon tiratore. Menzione obbligatoria per il linguaggio del corpo, chiaramente sintomo di disappunto, che il giocatore da grande uomo squadra e professionista nasconde qualche secondo dopo fingendo di fare stretching.