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Gli arbitri Marziali e Giovannetti in prima linea nella battaglia contro il COVID-19 come medici

Gli arbitri Marziali e Giovannetti in prima linea nella battaglia contro il COVID-19 come medici

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Le vite di molti sono state stravolte dalla pandemia del COVID-19, specie in Italia, dove sono stati confermati 100mila casi e più di 11mila morti.

Per due arbitri, Silvia Marziali e Guido Giovannetti, la crisi li ha portati fuori dal campo da basket, con le partite sospese a inizio mese. Entrambi hanno rivolto piena attenzione alla loro occupazione principale di medici per aiutare nella battaglia contro il Coronavirus.

“La situazione ora è molto dura e cambia ogni giorno,” ha detto Giovannetti, “Il governo chiede sempre molto aiuto da noi medici. Nel mio caso, lavoro all’ospedale di Bari , precedentemente ero in cardiologia ma ora sono stato trasferito in un dipartimento diverso per i pazienti COVID-19.
Il problema reale è che non sappiano quando tutto finirà perchè in alcune parti d’Italia, come la Lombardia, Milano, forse la situazione sta già arrivando al picco, mentre la nostra paura è che al sud la situazione non decresce, e forse le persone che si sono spostate dal Nord al Sud hanno diffuso il virus. Non sappiamo, ma i numeri suggerisco che i contagi stanno crescendo”.

Marziali si trova a Roma, dove ha studiato medicina e ha scritto la sua tesi in cardiologia.
Può esser difficile raggiungerla perchè come medico si può trovare i vari luoghi: lavora all’ospedale della sua città natale a Fermo e per l’ambulanza e le emergenze a Roma. Recentemente ha lavorato per il ministero della Salute a Civitavecchia, città portuale.  Vuole fare tutto ciò che è necessario per combattere la pandemia. “Quando diventi un medico, fai una promessa”, dice, “e lo onori ogni volta che lavori, specie quando c’è un’emergenza. Devi fare un giuramento per aiutare gli altri”. Il padre di

Lo sforzo negli ospedali, nei medici e in tuttò ciò che concerne la sanità è stato enorme in Italia. “Quando il Coronavirus è iniziato, volevo davvero aiutare”, ha detto Marziali, “Non importa come. Qualsiasi cosa avrei potuto fare, l’avrei fatto. Non importava se avessi dovuto spostarmi al Nord, dove è davvero un disastro, una catastrofe. Molti di noi hanno detto di sì, ma non ho potuto firmare un accordo perchè sono già in uno staff qui a Roma”.

“Il lavoro è sempre duro e lavoriamo sempre molto facendo turni lunghi”, ha detto Marziali, “ma ora hai più paure perchè potresti portare il virus nella tua famiglia e potresti venire infetto anche te”.

L’attrezzatura che Giovannetti e i suoi colleghi indossano include maschere, abiti speciali, stivali e guanti. Alla fine del turno, vanno disinfettati mentre vengono rimossi singolarmente. Giovannetti dice della possibile esposizione al Coronavirus: “Di sicuro ci sarà sempre un po’ di paura, ma come quando si arbitra, bisogna stare calmi e sereni perchè si deve affrontare, non ci sono scelte. Inoltre, se ci sono alcuni problemi con le uniformi che indossi perchè sono contagiose, li devi affrontare, anche se non è comodo farlo”.

Giovannetti ha studiato medicina all’università di Perugia e ora è al secondo anno di specializzazione, seguendo le orme dei suoi genitori. “I miei parenti sono entrambi dottori ma non mi hanno obbligato a esserlo, è stata una mia scelta”, ha detto. “Da giovane, è stata la mia idea di lavoro, il mio sogno, lavorare per e con i pazienti per aiutare le persone. Ho sempre voluto esser importante per i pazienti e offrire più di semplice terapia o medicine. Voglio avere uno scambio di pensieri e sentimenti con loro”.

Sia Marziali, che anche lei ha un padre medico, e Giovannetti dicono che il basket dà loro più equilibrio nella vita.”Sono chi sono per via di ciò che faccio nel basket e nella medicina”, ha detto Marziali. “Cerco sempre di bilanciare questi due aspetti della mia vita. Sono le mie due passioni e non posso avere una e non l’altra”. Marziali dice che il basket l’aiuta a definirsi come persona, e al suo complessivo approccio mentale alla vita.
“Il basket mi dà la possibilità di avere una mente aperta, sfidarmi, migliorare come persona, provare devozione”, ha detto. “Grazie alla FIBA, ho scoperto l’Europa, incontrato un sacco di persone da altri paesi, e questi aspetti sono molto importanti per me. FIBA ha aperto la mia mente sempre più. Mi ha aiutato a essere una persona migliore. Ma non posso esser la stessa senza il basket, di sicuro”.

“Il basket è una passione molto grande per me e lo sport in generale, è importante aver un buon equilibrio tra attività sportiva e lavoro”, Giovannetti ha detto. “La cosa basilare è creare un buon equilibrio nella tua vita. Credo che ognuno debba avere una passione da seguire fuori dal lavoro”.

Entrambi lavorano nelle leghe italiane ma anche in numerose competizioni FIBA. Marziali ha fatto la storia diventanto il primo arbitro internazionale donna italiana nell’ottobre 2017, all’età di 29 anni, quando giusto un paio di giorni dopo la laurea in Medicina volò a Girona (Spagna), per arbitrare in EuroCup Women.

Prima che Marziali e Giovannetti possano tornare ai campi da basket, però, sono coinvolti in una battaglia molto più importante. Lottano per salvare vite.

FONTE: FIBA