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Revoca Scudetti Siena, la Fip ribadisce le sue motivazioni: “Artifici contabili per vantaggi sportivi”

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Caso revoca Scudetti Siena, la Fip ha pubblicato in questi giorni le motivazioni della conferma, da parte della Corte di Appello, di condanna per frode sportiva degli imputati (tranne la Serpi, la cui inibizione è stata ridotta) facenti parte i vecchi vertici della Montepaschi Siena, e della conseguente cancellazione dei 5 titoli conseguiti dai biancoverdi dal 2011 al 2014.

 

LA FIP NON CAMBIA IDEA

 

Le argomentazioni hanno ribadito sostanzialmente il teorema utilizzato in primo grado, rigettando le numerose contestazioni presenti nei reclami presentati dalle difese. Per il Tribunale, il nesso tra reati tributari e ottenimento di vantaggi sul campo è chiaro e palese, anche se non provabile e certificabile: “L’alterazione dei bilanci -si legge – determinava, oltre alla consumazione di illeciti di altra natura, la retrocessione in nero di somme di denaro che venivano utilizzate anche per pagare le prestazioni sportive di tecnici e atleti tesserati con la società. Con la conseguenza che, per un vero, tali atleti non sarebbero mai stati ingaggiati se fossero state rispettate le normative fiscali, tributarie e sportive, e per questo altro verso, si realizzava la falsificazione e l’inesistenza dei requisiti necessari ed indispensabili per l’iscrizione ai campionati federali”.

 

UN ASSUNTO NON SCARDINABILE E LE ISTANZE RIGETTATE

 

A niente sono quindi servite le documentate istanze delle difese (tra le quali risaltava in particolare, l’accusa di mancanza di terzietà e dei canoni di giusto processo da parte della Fip, che ha condotto le indagini, nominato i giudici e istruito il procedimento) che affermavano l’inesistenza della frode sportiva, in quanto i presunti reati tributari erano conseguenza di altre condotte che avevano principalmente l’obiettivo di distrarre risorse alla società per l’arricchimento personale: “Ogni tipo di artificio contabile risulta rilevante per conseguire l’ingiusto vantaggio sportivo dell’iscrizione mediante la presentazione di un bilancio falso

 

“NON SERVE LA PIENEZZA DELLA PROVA, BASTANO INDIZI E RAGIONEVOLI DUBBI”

 

Un nesso di causalità che appare quindi difficile da scardinare, stando anche alle regole e agli ordinamenti della giustizia sportiva, come già spiegato nelle motivazioni di primo grado: “Sulla prova del nesso causale tra fatto illecito ed evento, il giudice ha sostenuto che nel procedimento disciplinare sportivo non è necessario raggiungere la piena prova del fatto ogni ragionevole dubbio, essendo sufficiente anche un grado inferiore di certezza, supportato da indizi gravi, precisi e concordanti, ma che non devono essere connotati dalla tipica intensità penalistica dell’oltre ogni ragionevole dubbio. Nel processo sportivo vige la regola della preponderanza del ragionevole dubbio o del più probabile che non”. Prossimo appuntamento per le difese con il Collegio di Garanzia del Coni: i ricorsi dovranno essere presentati entro 30 giorni.

 

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