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Metta World Peace, l’americano che vuole rimanere in Italia. Missione: “Migliorare la lega”

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Reyer - Cantù: Metta World Peace vs Julyan Stone Un americano in Italia. Un americano a Cantù. Che pare ci voglia restare, in Italia, a Cantù non è per forza detto. Metta World Peace, o l’Amico dei panda, o Ron Artest, come si preferisce, ha tutte le intenzioni di rimanere nel nostro campionato, come ha raccontato ai microfoni della Gazzetta dello Sport: «Il mio agente sta trattando con Cantù, – ha spiegato – qui ho trovato una società modello Nba, che cura tutto nei minimi particolari, la transizione è stata semplicissima. Spero di poter tornare per disputare un’intera stagione. Ho mostrato solo sprazzi di quello che posso fare. Iniziando il campionato con la preparazione, in forma fisica, sarebbe un’altra storia».

Un amore, quello per l’Italia, che lo ha coinvolto totalmente: «Roma, Venezia, Firenze, Bologna, tutte città splendide. Non c’è miglior posto dove vivere. Il mio agente mi presenterà tutte le opzioni. Dovrò scegliere tra il prendere più soldi o continuare quello che ho iniziato qui, – ha spiegato – perché comunque un paio di altre squadre mi hanno cercato, ma non mi piace lasciare le cose a metà. E non parlo solo di Cantù ma della lega italiana. Voglio contribuire a farla crescere, migliorarla. C’è tanto potenziale da sfruttare, possiamo portarla a un livello superiore, farla conoscere in tutti gli Stati Uniti». MWP, contento dell’esperienza, sa però di aver mollato la presa troppo presto, anche se non lui nello specifico e questo forse è l’unico rammarico: «E’ stato frustrante entrare in spogliatoio e capire che non tutti credevano che avremmo potuto arrivare ai playoff. E la stessa cosa è successa quando abbiamo affrontato Venezia. Sentivo i discorsi sul bus: “Sono troppo forti, non li possiamo battere”. Ma dopo gara-5 c’era rammarico, perché si erano resi conto che avevamo una chance di vincere lo scudetto. Se solo tutti ci avessero creduto sin dall’inizio». Venezia, i quarti di finale, portati a gara 5, e salutati dopo un match che ha fatto non poco discutere tra pubblico, espulsione, arbitraggio. Ma World Peace si è espresso in ogni ambito: «Non ricordo nemmeno cosa mi abbia detto Stone e comunque continuo a pensare sia un gran play, così come ritengo che i tifosi di Venezia con il loro entusiasmo siano la vera forza di questo basket». E gli arbitri? «Fanno il loro lavoro più che discretamente. Mi sono solo arrabbiato in gara-1 perché mi hanno fatto fallo procurandomi una distorsione a un ginocchio che mi ha limitato per il resto della serie». E se dici arbitri non puoi non dire espulsione: «Ero solo triste mentre uscivo dal campo perché mi rendevo conto dell’occasione che ci stavamo lasciando sfuggire. D’altronde se ti tirano in testa delle bottiglie piene l’unica cosa che puoi fare e tirargliele indietro…». Così legato allo Stivale, la missione cestistica dell’Amico dei panda dovrebbe quindi continuare anche la prossima stagione, quel «Wow!» nella sua prima partita a Pistoia è testimone.