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Arrigoni è pronto ad entrare nella famiglia Virtus: ripercorriamo la sua carriera

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 Per l’ufficialità di Bruno Arrigoni in casa Virtus è questioni di ore, se non di minuti. In attesa del tanto sospirato comunicato che permetterebbe di aprire ufficialmente un nuovo ciclo sotto le Due Torri andiamo a ripercorrere brevemente la carriera di Bruno Arrigoni.

Rimasto in sella nonostante il cambio di proprietà del 2008, quando la famiglia Cremascoli si sostituì ai Corrado, è considerato da molti l’eminenza grigia artefice dei successi canturini degli ultimi anni.
È un dirigente capace di pescare nel sommerso delle minors statunitensi talenti incredibili, come Shaun Stonerook o Bootsy Thorton, oppure andare a trovare a Bonn, un certo Rimantas Kaukenas. A causa del budget non imponente di quegli anni, i giocatori però rimangono una stagione o poco più e Arrigoni è costretto a ricostruire spesso e volentieri la squadra da capo.
Con la nuova proprietà dei Cremascoli, riesce a costruire un progetto pluriennale, affidando la squadra ad un giovane coach, allenatore dell’anno in LegaDue: Andrea Trinchieri. La squadra si fonda sui tre giocatori fondamentali: Micov, Mark’oishvili e Leunen. Tutti e tre i giocatori si riveleranno delle scommesse azzeccate (anche se dobbiamo dire che il talento georgiano era una promessa del basket europeo, finito però a giocare nel campionato ucraino) e costituiranno il nucleo grazie al quale, la Cantù targata Bennet, nella stagione 2010/11 arriverà in finale scudetto dopo 30 anni, fermata solo dalla corazzata senese. Dopo l’ultima stagione all’insegna del ridimensionamento, dove sono partiti sia Micov che Mark’oishvili, Arrigoni riparte da un insieme di giocatori nuovi, pescando Tyus in Israele e infine, dopo una serie di colpi andati male in cabina di regia (come con Anderson, nella foto), ha tirato fuori dal cilindro Joe Ragland, che ha impressionato tutti per le sue doti realizzative, permettendo a alla squadra di coach Trinchieri di arrivare in semifinale scudetto, eliminando la favorita Sassari.
Quello che dunque si augurano i tifosi di Bologna, sponda Virtus, è di riuscire a veder replicato quanto fatto a Cantù, sopratutto nei primi anni, quando il budget era paragonabile a quello di quest’anno delle VuNere. Ci sarà anche da valutare la velocità di adattamento del dirigente milanese, visto che muoversi in un ambiente diverso dopo 20 anni di permanenza in Brianza potrebbe portare ad leggero spaesamento.
Non resta che augurare il più classico degli “in bocca al lupo” al (quasi) neodirigente virtussino.