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NBA Week 9 – Big surprise Portland, Lakers a picco

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Nella NBA (come in ogni altra lega professionistica) un’adeguata programmazione è essenziale per poter ambire a traguardi prestigiosi, a questa va aggiunta però una piccola dose di buona sorte. Il giusto amalgama tra questi due fattori può far nascere vere e proprie dinastie (leggasi Spurs) mentre la mancanza di solo uno dei due può dar vita a ciclici intoppi “sul più bello” (fare un salto in Arizona o chiedere a Steve Nash per ulteriori informazioni).

 In questa stagione due sono gli esempi più lampanti di come programmazione e fortuna spesso viaggino a braccetto. Da un lato abbiamo la più grande sorpresa della season, ovvero i Portland Trail Blazers che, con un record a oggi di 25 vinte e 7 perse, si ergono al secondo posto della Western a sola mezza gara di distanza dai Thunder. Gli ingredienti di questa bella storia sono la definitiva esplosione di LaMarcus Aldridge, la consacrazione del rookie of the year 2013 Damian Lillard ma anche l’assenza di sciagure che spesso hanno attanagliato questa franchigia. L’ala grande sta viaggiando con medie da paura che gli consentono di essere in doppia-doppia (23,6 punti e 10.9 rimbalzi), mentre il sophomore si sta ergendo tra i giocatori più clutch della lega con percentuali stratosferiche nell’ultimo quarto e nei supplementari.

Se la mala sorte dei “Jail Blazers” era spesso indotta da vicende extracestistiche, quella della squadra che sul finire del primo decennio del nuovo millennio sarebbe dovuta diventare una seria contender ha dell’inimmaginabile. Pick come Brandon Roy e Greg Oden, unite a un roster con lo stesso Aldridge, André Miller, Batum, il mai soddisfatto Fernandez e altri ottimi giocatori di sistema erano garanzie per creare un’armata ma i continui infortuni e poca lungimiranza (scegliere Durant con la 1 nel 2007 sarebbe stata indubbiamente la scelta più saggia anche a parità di skills tra lui e il centro attualmente in cura agli Heat) hanno messo il punto a questa favola prima ancora di essere stata raccontata. 

 

Quasi sempre la programmazione non può essere fatta solo con il blasone: ne stanno facendo conoscenza sulla loro pelle i Lakers, i quali stanno bissando in maniera ancora più eclatante il fallimento del 2013. Terz’ultimi ad Ovest con sole 13 vittorie a fronte di 19 sconfitte, sono altresì in striscia negativa da 6 (peggio solo i Nuggets che hanno perso le ultime 8). Il doppio stop di Kobe, la schiena a pezzi di Nash nonché l’infermeria zeppa possono solo in parte giustificare questa disfatta. Il team di Kupchak paga infatti ancora gli strascichi della “telenovela Howard” con un Gasol indolente, mal voluto da D’Antoni nonché con le valigie in mano e un salary cup stringente che anche nella prossima stagione (nonostante i soli contratti del rifirmato Bryant e Nash a contratto) potrebbe creare non poche problematiche. L’unica piccola nota lieta è data dalle prestazioni in continua ascesa di Nick Young: l’ex Clippers nelle ultime nove gare disputate solo in due circostanze è andato sotto il ventello (mettendo comunque a referto 18 e 19 punti) e sembra che non abbia ancora espresso al massimo le potenzialità del suo estro ribelle.

Tutto ciò è verosimilmente troppo poco per poter ambire ai playoff, la tentazione di tankare per ottenere Wiggins o Parker è elevata ma quando ti chiami Lakers i tifosi si aspettano sempre e comunque una sola cosa, vincere. 

 

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