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NBA – Matricole al ballo: il borsino dei rookies all’alba della nuova stagione

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NBA - SlideLa nuova Regular Season ha appena preso il via, fornendo però già numerosi spunti di riflessione; tra questi andiamo ad analizzarne uno in particolare: l’andamento dei rookies tra preason e prima settimana esatta della loro carriera tra i pro.

 

Non si può che partire, sia guardando all’ordine di scelta che al rendimento, da Karl-Anthony Towns.

L’ex Kentucky si è infatti praticamente da subito (se si eccettuano poche prestazioni in precampionato) imposto come uno dei leader dei suoi T’Wolves, mettendo insieme un elevato minutaggio e ponendosi come punto di riferimento sui due lati del campo per i suoi compagni:per Towns finora 17.7 punti di media e 10.3 rimbalzi, con anche 3 stoppate a gara.

Questa primissima fase della sua carriera, unita ai grandi margini di miglioramento ancora da esplorare, testimonia quanto elevate siano le possibilità che la prima chiamata assoluta diventi uno dei migiori interpreti del suo ruolo ed una futura superstar.

Ben meno entusiasmo hanno invece destato le prestazioni di D’Angelo Russel, prima scelta dei Lakers: nonostante le ultime due apparizioni in doppia cifra il playmaker gialloviola non ha ancora espresso il suo potenziale offensivo, specialmente in termini di coinvolgimento dei compagni. Byron Scott ne sta cercando di curare la crescita gestendolo con particolare attenzione e costringendolo a volte a lunghi minuti in panchina; Russel non è riuscito a salvarsi nelle debacle di Bryant & soci (ancora senza W) ed ha messo insieme 9 punti, 3 rimbalzi ed appena 1.7 assist a sera in un totale di 25 minuti in campo: inutile dire che a Los Angeles si aspettano di più.

Meglio finora, nonostante il medesimo record di squadra, ha fatto Jahlil Okafor: il rookie di Phila viaggia a 20 punti di media, candidandosi come leader offensivo degli improponibili e male assemblati 76ers. L’intesa nel frontcourt con Noel cresce, ma ciò che per adesso è stato rimproverato al fresco campione NCAA è l’inconsistenza sotto le palnce, confermata dagli appena 5 rimbalzi e 0.7 stoppate a gara.

Chi ha ad ora lasciato tutti contenti, oltretutto in un palcoscenico non facile come quello della Grande Mela, è Kristaps Porzingis: per il lettone, scelto alla numero 4 da Phil Jackson, 11.8 punti e 8.3 rimbalzi (con una bella doppia doppia da 13+14 nella sconfitta al cospetto degli Spurs) all’interno degli altalenanti ma miglioratissimi Knicks. L’ex Siviglia ha colpito per la completezza del suo gioco e per alcune giocate di tecnica e fisico che fanno presagire che a NY ci sarà da divertirsi; in maglia blu e arancio sta poi ben figurando anche Jerian Grant, ex stella di Notre Dame scelto alla numero 19, che si è guadagnato molti minuti in cabina di regia: 8.5 punti, 4 assist e 3.5 rimbalzi in 24 minuti in campo.

Esulando dall’ordne di chiamata dello scorso draft di Brooklin, menzione d’obbligo per Emmanuel Mudiay: complice la partenza di Lawson, i Nuggets gli hanno dato le chiavi della cabina di regia ed il congolese sta mettendo in mostra sprazzi del suo talento e della sua concretezza, che fa perno su un atletismo invidiabile; i numeri dell’ex giocatore dei Guangdong Tigers, destinati a crescere, recitano 13punti, 5 assist e 4 rimbalzi nei 31 minuti di impiego medio.

Per concludere, in un ideale borsino riepilogativo generale, troviamo tra chi sale Willie Cauley-Stein, che sta trovando spazio e buoni numeri all’ombra del totem Cousins a Sacramento, Stanley Johnson, sulla cui crescita i Pistons contano molto, Myles Turner, il più talentuoso tra i lunghi dei Pacers e per questo già parte integrante delle rotazioni e Devin Booker, vero e proprio microonde nel caldo dell’Arizona con 7 punti in 10 minuti uscendo dalla panchina. Per ultimo, ma solo in ordine di scelta, Montrezl Harrell, che, chiamato alla 32, si merita finora l’appelativo di “steal” del draft: per l’ex animale da rimbalzo di coach Pitino a Louisville 8 punti e 3 carambole di media in 15′ sul parquet per i balbettanti Rockets.

Tra gli stazionari o per lo meno ancora sospesi nel giudizio c’è senza dubbio Mario Hezonja, che ad Orlando ha già fatto vedere un paio di giocate da Courtside Countdown ma che non trova sufficiente spazio tra Oladipo ed Harris; idem dicasi per Justise Winslow a Miami.

Sinora bocciati dalle rispettive franchigie, infine, scelte importanti come gli ex Badgers Kaminsky e Dekker, Cameron Payne, sovrastato da l’ingombrantissima presenza di Westbrook, o ancora le matricole di Boston e Washington Terry Rozier e Kelly Oubre.