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Scariolo “Gli impianti qui li tirano su davvero. In Italia non ne vedo e si da troppo peso a tifosi e web”

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Sergio Scariolo

Le differenze tra Italia e Spagna analizzate in una bella intervista di “La Repubblica” a Sergio Scariolo, un italiano che ha trovato il massimo successo in terra iberica. Non mancano le critiche al movimento italiano


Scariolo, noi e loro. La prima differenza che nota, tra i due sport?

“Due, e brutalmente a favore della Spagna. Sport nella scuola e impianti. Qui, fino a 14 anni, si fa sport soprattutto, o quasi solo, a scuola, con allenatori delle varie discipline presi da fuori. Solo dopo si continua nei settori giovanili dei club, ma senza che la scuola esca di scena. Poi gli impianti. Qui li tirano su davvero, dall’arena metropolitana da quindicimila alla palestra del paesino. In Italia non ne vedo”.
E la Nazionale, per la gente, conta più in Italia o in Spagna?
“La passione, da paese latino, è analoga. Poi, la Spagna ha vinto di più, ma l’Italia, anche facendo meno risultati, non ha smarrito lo zoccolo duro dei tifosi. Ecco, qui càpita di sentir fischiare l’inno, nelle aree più autonomiste. Non maggioranze, ma si sentono”.
Anche in Spagna, se la nazionale vuol fare gli stage, i club si mettono di traverso?
“Leggo che in Italia è più complicato. Qui c’è meno conflittualità, c’è il riconoscimento del ruolo di traino della nazionale. E i grandi club collaborano: il Real è la squadra di tutto il paese, il Barca, come nucleo forte dei giocatori dati alla nazionale, supera anche le resistenze autonomiste”.
Stampa e tv?
“Polemiche, come in Italia, grande attenzione dei media, amplificazioni anche artificiose. Nessuna differenza, siamo tutti latini. Ma qui pesano meno i tifosi. Non ho lavorato per la nazionale in Italia, ma quand’ero ai club non mi piaceva l’attenzione esagerata che si prestava a ciò che si scriveva sui social, la necessità di compiacere la pancia del tifo. In Italia ho visto prendere decisioni, sbagliate, dando peso al web. Qui conta più lo sport vero, il rendimento in campo, i valori”.
L’identità del calcio spagnolo è stata a lungo il tiki-taka. In Italia, nulla di simile.
“Uno stile di gioco si afferma anche se chi lo pratica vince. E qui il tiki-taka, identità del Barcellona, è poi passato alla nazionale. Al di là dello schema, è stata decisiva anche la produzione di giocatori, la storia irripetibile della cantera catalana. In Italia non c’è una scuola così forte, ci sono più società che formano giocatori e in fondo resiste pure la legge del risultato. Poi mi chiedo pure: ci saremmo innamorati tutti del tiki-taka se il Barça, anziché vincere, avesse perso?”.
Insomma, Scariolo, da che parte sta: Italia o Spagna?
“L’Italia è il mio paese, vedere gli azzurri m’emoziona, ma razionalmente qui, per qualità della vita e della professione, ci sto bene e penso di rimanerci. Il sistema sportivo è globalmente migliore, poggia su quelle basi che dicevo, scuola e impianti, che sono polmoni che pompano. E sono fattori decisivi su cui restano distanze misurabili in anni. E l’Italia, appunto, deve ancora partire”