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NBA – Sale il Salary Cap, Tutti i motivi per cui la cosa deve interessarci

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Doverosa premessa: Chi scrive non è un economista e probabilmente la maggior parte di chi si approccerà a questo articolo non lo è. Motivo per cui ho deciso di risparmiarvi la sequela di numeri e di cifre che si rincorrono da quando si è deciso l’innalzamento del salary cap in una Nba sempre più affascinata dai numeri. Il nuovo tetto è di 70 milioni per questa stagione, ben l’11% rispetto alla stagione appena trascorsa, margine che salirà ancora di molto nella prossima stagione fino a 90 milioni nell’ annata seguente mentre  tra due anni verrà sfondato il tetto dei 100 milioni.

Quanto cambia nell’ Nba questa nuova disponibilità? Certo aiuta ma non basta avere il fortino pieno per costruire una squadra. Restando all’ ultima free agency vediamo subito quanto il nuovo cap incida relativamente. Non basta avere i soldi ma bisogna saperli anche spendere. Non basta poi neanche questo. Fascino e allure possono essere discriminanti importanti. Chiamare come al solito dalle parti dell’Alamo per avere delucidazioni. Se è vero che gli Spurs si sono presi le prime pagine con l’ acquisto di Aldridge il vero colpo che sovverte tutti i facii discorsi che verrebbero fuori con un’analisi superficiale del discorso salary cap è West. L’ex lungo d’Indiana, uno dei più grandi uomini squadra nel panorama Nba in una squadra che a leadership è a posto per un bel po’, ha rifiutato il rinnovo per tentare la sfida Spurs al minimo salariale. Badate bene che il minimo salariale per un veterano che oggi si attesta sul milioncino e spicci di dollari arriverà presumibilmente a tre e passa alla fine del processo di ingrossamento del cap. Cambia tutto per non cambiare niente? Sì, almeno in Texas (vedi pure il rinnovo di Green) o in altri discorsi dove comunque i risultati sportivi sono stati soddisfacenti, come a Houston che ha piazzato il colpo Beverly, vero fattore negli equilibri dei Rockets. Particolare il caso di James che ha firmato il rinnovo a cifre tutto sommato contenute pensando al suo peso specifico (46 milioni). Lebron sa che non basterà un’altra finale l’anno prossimo e quindi da una mano a una Cleveland che resta comunque con un groppone tutto sommato sopportabile alla voce stipendi, anche se la situazione resta fluida, visto che più di qualcuno non farebbe fatica nel caso a trovare offerte migliori. In caso di naufragio totale (alquanto improbabile) LBJ ha comunque lasciato una clausola di eventuale uscita poi…
L’aumento del salary cap potrebbe aiutare soprattutto nel breve le squadre in ricostruzione perenne, vedere Sacramento, dove hanno fatto tanto, anche se resta una polveriera da cui può uscire di tutto, non fosse altro per quel alone di sfiga che pare perenne nella capitale californiana. L’aumento ha portato buone notizie pure per i Pellicans che si sono potuti permettere di dare il massimo del massimo a quello che ad oggi è l’unico giocatore a cui val la pena, anche in ottica futura dare il massimo. Così sono partiti 145 per il Monociglio che ora aspetta speranzoso pure una squadra attorno a lui ma forse chiede troppo…
Come detto il minimo salariale si attesterà tra due anni sui tre milioni. Questo porta, come fatto notare da Flavio Tranquillo (metteteci pure il cuoricino) in un’ intervista a Panorama, a cambiare le carte in tavola soprattutto in un mercato europeo dove le cifre sono diverse, Basti pensare che non basterebbero i budget di due società del nostro campionato per pagare una cinquantesima scelta al draft. Si va quindi verso una massiccia ed ulteriore globalizzazione della lega e a un impoverimento per noi. Insomma non si va a provare con i Knicks solo perché c’è un bel progetto, la storia.. I vertici europei per ora non hanno fatto ancora niente per fermare l’esodo anche perché le armi a disposizione restano poche. Usare la vecchia scusa che il nostro basket è più tecnico e affascinante non basta più e forse non è neanche poi così vero. Non resta che sperare che le nuove risorse vengano prosciugate con contratti da sessanta milioni a gente come Asik.

Photo by Glenn James/NBAE