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NBA – Italiani d’America, tra certezze (poche) e dubbi (tanti)

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Chi si aspettava una trade deadline infuocata è rimasto parecchio deluso. Per intenderci, lo scambio di impatto potenzialmente maggiore si è tenuto sulla linea Memphis-Los Angeles, sponda Clippers: Lance Stephenson è volato in Tennessee mentre Jeff Green, da oggi, giocherà le partite casalinghe allo Staples Center. Quanto agli italiani, beh, tanto rumore per nulla. ‹‹Gallinari ai Celtics!›› diceva uno. ‹‹Macché, resterà ad Ovest e andrà alla corte di Doc Rivers›› diceva un altro. Alla fine, il buon Gallo è rimasto a Denver, deludendo le speranze di coloro che speravano in un suo trasferimento presso una franchigia con prospettive un tantino più pretenziose – per lo meno con vista playoff, insomma.
La dirigenza dei Nuggets, infatti, ha preferito non privarsi di quello che è, senza alcun dubbio, il miglior giocatore del roster; non è un misero quanto fine a se stesso spirito campanilistico ad affermare ciò, bensì la statistica: l’ex MVP della Serie A è di gran lunga il realizzatore più prolifico con quasi venti punti di media ad allacciata di scarpe (il secondo è Will Barton, sesto uomo per eccellenza, con 15.5 ppg, ndr) e il suo PER (Player Efficiency Rating), dato onnicomprensivo dal calcolo piuttosto elaborato, è inferiore solo a quelli di Nikola Jokic, rookie dalle belle speranze, e Kenneth Faried. Come se non bastasse, il nativo di Sant’Angelo Lodigiano si piazza settimo, con 121 punti ogni 100 possessi, nella classifica dei giocatori con l’Offensive Rating più alto, lasciandosi alle spalle gente come James e Westbrook. Dopo l’estensione contrattuale firmata l’estate scorsa (Danilo ha, per la stagione 2017-18, una Player Option da 16 mln di dollari), la scelta di Denver di voler puntare sull’italiano sembra ormai abbastanza chiara.
Se per Gallinari le cose stanno andando nel verso giusto, lo stesso non si può dire per Marco Belinelli. Archiviata la storica parentesi texana, farcita da un titolo NBA e dalla vittoria nel Three-point Shootout del 2014, il giocatore della Nazionale ha deciso di cambiare aria e accasarsi a Sacramento, cercando di ‘monetizzare’, come ammesso da lui stesso, quanto di buono aveva fatto vedere in questi anni di carriera. Il contrattone è arrivato (19 mln in tre stagioni), ma, con esso, sono giunte notevoli difficoltà: colpa di Karl e di un sistema di gioco non adatto alle peculiarità del Beli? Colpa di uno spogliatoio costantemente infiammato? Colpa di un calo fisico quasi fisiologico? Le cause potrebbero essere tante e disparate. Quel che è certo è che i Kings hanno cercato di imbastire una trade per portarlo via da Sacramento, ma il GM dei californiani, Vlade Divac, non ha ritenuto congrue le offerte pervenutegli. Bisogna, purtroppo, constatare che Belinelli sta vivendo la sua peggior stagione della carriera dal punto di vista delle percentuali – per un tiratore scelto come lui, i numeri tendono a contare parecchio. Il dato relativo ai tiri dalla distanza è recentemente sceso, addirittura, sotto il 30 per cento (29.9), e la percentuale dal campo è la peggiore della carriera (più bassa anche di quella della stagione da rookie). Nelle ultime partite, tuttavia, sta trovando spazio in quintetto: si sa, per uno shooter, la fiducia (in se stessi e dell’ambiente) è tutto, e partire titolare non può che far bene all’ex Fortiduto.
Quanto a Bargnani, poco (o troppo, dipende dai punti di vista) da dire. Milita in quello che, complessivamente, è il peggior team della lega e, nonostante ciò, non riesce a trovare spazio. I Brooklyn Nets starebbero pensando ad un buyout, che renderebbe un free agent il cestista romano. Tenendo conto che il ‘Mago’ percepisce il minimo salariale per veterani – sono altri i players che gravano sul bilancio dei bianconeri, leggasi Joe Johnson – si tratterebbe di una mossa alquanto incomprensibile: perché privarsi di un giocatore che, su 36 minuti, metterebbe a segno più di 17 punti? Perché, piuttosto, non concedergli quella chance e quello spazio che, di fatto, gli sono stati negati sin dall’inizio? A Bargnani, invece, chiederei di ricominciare ad utilizzare l’arma che, per tanto tempo, lo ha reso un giocatore a tratti letale: il tiro da 3. Nell’anno del draft, i tiri dall’arco erano più di 4 a notte. In questa stagione, i tentativi scagliati coi piedi oltre la linea dei 7,25 sono appena 0.3. Nient’altro da aggiungere.

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