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Flop azzurro – una nazionale specchio di un movimento in continuo declino

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gallinari, italia

Il fallimento della spedizione azzurra nel Preolimpico di Torino va ben oltre alla singola partita e ai singoli giocatori che, sia chiaro, hanno mancato tutti. Perchè è sempre bene ricordarlo si vince in 12 e si perde in 12 (anzi 13 allenatore compreso). Le responsabilità sono di tutti, da un Gentile inguardabile (principale bersaglio dei tifosi per i soliti mille motivi) a un Gallinari troppo in sordina, un Bargnani praticamente inesistente fino a un Capitan Datome mai veramente in questo torneo.
Ma come dicevo le responsabilità sono di tutti e quindi sarebbe il caso di fare, finalmente, una serie riflessioni sul perchè di questa situazione. Perchè sono 12 anni che l’Italia non va alle Olimpiadi quindi qualcosa non va e non sono solo i giocatori.
È il fallimento di un intero movimento cestistico italiano che ormai rantola morente a terra spacciandosi per vivo vegeto e pure fortissimo.
Diciamo una volta per tutta a squarciagola: non è la nazionale più forte di tutti i tempi. Basta è ora di smetterla con gli slogan pomposi. Una squadra è forte quando vince. Il talento c’è ma non ha portato a nulla, le nazionali più forti rimangono altre (EuroBasket ’99, Atene 2004, Nantes ’83). Smettere di autocelebrarsi all’infinito è il primo passo da compiere. Poi bisogna riflettere sul perchè non lo siamo, perchè siamo carenti in certi ruoli chiave (Play-Pivot che la storia ci insegna essere fondamentali) e perchè il basket italiano viaggia in declino costante. E questo lo si nota da come è calata la qualità della Lega A da come i club non sono più competitivi in Europa, da come tante società storiche sono finite in serie minori e da come i vivai italiani o sono spariti o sono abbandonati a se stessi.
Il dato principale è che l’Italia produce sempre meno talenti e spesso le promesse si arenano a un certo livello mediocre senza mai sbocciare. Forse sarebbe il caso di programmare seri investimenti sui vivai, aiutare le società in questo con sostegni economici per lo sviluppo sui vivai e sui settori giovanili che tanto a lungo sono stato un punto di forza del basket italiano. E se non produciamo più talenti con continuità il motivo parte anche da qui. L’amarezza vera viene dal fatto che si vive in un momento di forte interesse verso nazionale e basket italiano ma non si fa assolutamente nulla per canalizzare e sfruttare il momento mediatico importante trovando quindi risorse economiche importanti. Eventi (Preolimpico, Coppa Italia, finali scudetto) senza assolutamente niente di contorno volto al coinvolgimento; marketing molto poco sfruttato è con cose del genere che si stimola i ragazzi a iniziare uno sport ad aumentare il bacino delle giovanili e a formare talenti.
In Italia non si programma più si vive alla giornata e si passa il tempo a fare guerre inutili. Questa stessa nazionale ha vissuto alla giornata per anni e i risultati (non) si vedono.
Questa sberla storica deve servire per svegliare chi, in teoria, deve promuovere questo movimento. Bisogna smetterla di vivere di slogan ma iniziare a predicare tanta tanta umiltà. E lavorare dalla base, da zero e risalire con tanto sudore perchè i 14mila di Torino che ieri incitavano la squadra (ecco magari salutarli e ringraziarli alla fine sarebbe stato carino) sono il simbolo di qualcosa che c’è, è vivo e vuole risorgere.
Abbiamo toccato il fondo ora cerchiamo di risalire non di iniziare a scavare.