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Do you remember? – Marvin Barnes, il poeta “maledetto” dei canestri

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La sua apparizione sui parquet italiani fu fugace, tanto breve, quanto ingloriosa. Eppure, gli intenditori di quegli anni e non solo, considerano Marvin Barnes come tra i più forti (qualcuno azzarda dicendo, il più forte) giocatori a stelle e strisce che abbiano mai attraversato l’Oceano. Potenzialmente.Purtroppo per lui e per tutti quelli che non hanno potuto ammirare le sue gesta.

Si era nella tormentata e dolorosa estate del 1980,  era l’Italia degli anni di piombo, delle stragi di Ustica e Bologna; in ambito sportivo era l’ Italia  sconvolta dal primo grande scandalo delle scommesse nel mondo pallonaro, era l’Italia sede della fase finale degli Europei di calcio, era l’Italia che gioiva per Sara Simeoni e Pietro Mennea, era l’Italia che si divideva tra Moser e Saronni, era l’Italia degli 8 ori nelle boicottate olimpiadi moscovite. 

Ed è in questo scenario che la giovane Pall.Trieste, allora sponsorizzata Hurligham, si apprestava a costruire la squadra per la serie A 1, serie A 1 frutto di una promozione inattesa ed insperata. La sua guida era l’istrionico Lombardi, la sua stella il  fuscello divino Rich Laurel, con attorno un manipolo di giocatori locali, tra cui un giovanissimo Alberto Tonut. Bradley, l’altro americano protagonista della promozione, venne giudicato troppo basso per poter combattere i lunghi di A1 ed è per questo che la società in quell’estate andò a caccia di un lungo più consistente e competitivo per quel campionato. Inseguito a lungo un certo Jeelani, fu ingaggiato Marvin Barnes (nella foto in alto da stltoday.com).

Chi era Marvin Barnes? Ala Pivot, In America fu prima scelta nel 1974, matricola dell’anno nel campionato professionistico ABA, ove totalizzò in quella stagione cifre pazzesche, 24 punti e 15 rimbalzi di media; un super, un mammasantissima di quell’epoca. Peccato che di quell’epoca, di quegli anni 70 americani, Marvin ne reincarnasse tutta l’inquietudine. Il Watergate, il post Vietnam, l’intrusione massiccia delle droghe: la società americana tra caos ed eccessi, tra studio 54  e paradisi artificiali, tra crimine e miseria, sembrava confusa e volubile, appunto come il nostro Marvin Barnes, uno dei “poeti maledetti” del mondo del basket a stelle a strisce anni 70. “Sarei potuto essere tra i migliori 30 giocatori di ogni tempo” ebbe modo di dire in seguito, “peccato che metà della mia carriera e del mio stipendio li  ho spesi attraverso il naso”. E lo faceva anche durante le partite, mettendo una quantità di polverina bianca sull’asciugamano per poi inspirarla durante l’intervallo.

Ma non è solo questo l’aspetto che lo ha penalizzato. Stramberie ed una casella giudiziara tutt’altro che immacolata fecero il resto. Protagonista in  una rapina, fu riconosciuto ed identificato perché indossava per l’occasione la giubba del suo college, con tanto di nome sulla schiena; a Detroit fu arrestato perché trovato in possesso di una pistola ed in genere visitò le carceri americane una ventina di volte. Ma fu pure la stravaganza a renderlo famoso e via via meno appetibile per il mondo Nba; Innumerevoli leggende, probabilmente vere, sicuramente gustose. Come quella in cui si rifiutò di prendere un aereo non appena scoperto che, a causa dei fusi orari, sarebbe atterrato all’incirca nella stessa ora in cui avrebbe dovuto decollare. “Non salirò mai in quella fottuta macchina del tempo“. e cosi fece. O come quando perse l’aereo che doveva prendere con la squadra, noleggiò un aereo privato e si presentò a riscaldamento iniziato in pelliccia. Si cambiò e ne scrisse 50, qualcuno dice 57. Poco importa. Anche i compagni non erano immuni alla sua “personalità”: una volta per districare una diatriba da spogliatoio, si presentò armato di crick. Dopo qualche anno, le sue stramberie, i suoi crimini presero sopravvento sulla sua fama di giocatore super, tant’è che le sue prestazioni sul campo si fecero mano a mano meno positive. Per lui fu coniato un nickname esplicito: Bad news, cattive notizie. Per  l’ex grande promessa, nel mondo professionistico americano  non c’era più posto.

I dirigenti triestini, Lombardi, credettero, allora, che il rischio potesse valere la candela: mezzo Marvin sarebbe bastato per tenere a galla i giocatori giuliani alla prima esperienza di A1. Ma lui presentò subito il conto di quell’ingaggio così curioso e rischioso. Alla prima esibizione, in una piazza storica nel centro di Muggia, in un torneo precampionato, Barnes si rifiutò di giocare perché “l’arena” non era di suo gradimento. Ma questo episodio fu subito dimenticato quando in un altro torneo precampionato, fece polvere dei suoi avversari segnando più di venti punti in meno di 9 minuti di gioco. Il segnale che Lombardi, i dirigenti, la città si aspettavano. Il campionato iniziò e  Barnes (nella foto a lato da providencejournal.com) viaggiò spesso a mezzo cilindro. Quando ne usò due su quattro, per gli avversari furono dolori; lo sperimentò la Pagnossin Gorizia, sconfitta a domicilio in un derby infuocato tanto sul parquet quanto fuori, lo sperimentò  la Pintinox Brescia, ridicolizzata sotto gli occhi di mamma RAI da Barnes, infervorato all’intervallo quando seppe  che il secondo tempo sarebbe stato trasmesso in tv.

Sette partite giocate, 15 punti di media con 11 rimbalzi e quasi due stoppate. Cifre non indimenticabili, tracce non certo eterne. Certamente più leggendarie furono certe sue prestazioni fuori dal parquet, in quei festini conditi da sesso e coca della Trieste bene, in cui si meritò l’appellativo di  “sex machine” ma che lo misero nei guai con la giustizia anche fuori dagli USA

Fu per quel motivo, o forse semplicemente perché si era stancato di giocare nell'”arena” di Chiarbola, che una mattina d’autunno inoltrato,Barnes prese l’aereo a Ronchi e se ne tornò negli States. La leggenda narra, una delle tante su Marvin che circolano a Trieste, che pochi giorni prima, vedendo Lombardi preoccupato, gli chiese cosa lo stesse angustiando.”Marvin, se perdo domenica mi cacciano” rispose il coach livornese.”Tranquillo, coach, domenica ti faccio vincere io“. Non ricordiamo se quella domenica L’Hurlingham Trieste vinse o meno. Sicuramente  Lombardi non fu cacciato, altrettanto sicuramente Barnes, in quel momento stava volando su un’ aereo diretto verso casa. Casa che gli diede altre possibilità, con altri ingaggi nell’Nba, senza i successi di un tempo, perché, come disse un suo amico, Barnes lottò e spesso perse contro i suoi stessi demoni.

Marvin Barnes, nato a Providence il 27 luglio 1952, ci ha lasciati  l’8 settembre 2014.

State tranquilli, cattive notizie se n’è andato, è l’edizione del mattino” Così una canzone a lui dedicata dal suo compagno di squadra-cantautore  dell’Hurlingham Trieste, Angelo Baiuguera, scritta in quegli anni ma ora quanto mai attuale.

Sarebbe bello che  una “fottuta macchina del tempo” ti possa dare la possibilità di riprovarci; ciao Marvin.

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