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Attenti al lupo! Minnesota si costruisce un futuro, anche con sconfitte salutari

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wolvesBasterebbero tre primissime scelte a garantire un futuro sereno prima dell’inizio della stagione il basket sarebbe un gioco con più certezze e, forse proprio per questo, meno interessante. Invece non basta, soprattutto se una di queste pick ha il faccione di Anthony Bennett (poi rispedito in Canada) e tu sei Minnesota, la franchigia che ha scelto Johnny Flynn davanti a Steph Curry.

 

Insomma le paure erano legittime prima che questa stagione iniziasse a Minneapolis ma c’erano anche tanti buoni segnali che non potevano essere ignorati. La stagione di Minnesota è iniziata bene e l’aiuto dall’alto di quel coach Flip Saunders scomparso tragicamente prima del via non può spiegare tutto. E’ successo che Karl-Anthony Towns sembra avvicinarsi più a un progetto di all-star che ad un Kwame Brown qualsiasi. Il giovane lungo ha iniziato con medie superiori ai 15 di media ed ha messo insieme 4 doppie doppie nelle prime sei gare, come Alonzo Mourning nel suo anno da rookie. Se è vero che Towns mette qualche punto meno di Okafor bisogna però ricordare che l’ex Kentucky ha un apporto migliore su tutti e due i lati del campo e gioca in un contesto diverso rispetto all’altro lungo “di grido” del draft che, bene o male si ritrova con più responsabilità offensive e con l’onere di doverle gestire.
Non è il domenicano però l’unica nota felice ma anche un Wiggins sempre più utile e funzionale, il che vuol dire che, anche se non ne dovesse mettere trenta a sera (e lo sa fare, vedi i 31 contro i Bulls) comunque è più utile di un Joe Johnson al suo picco già da ora. Il critico superficiale potrebbe farci notare che il record dei Wolves è sceso ad un mediocre 4-5 nell’ultima settimana con tre sconfitte di seguito. Se l’inciampo contro gli Hornets era però arrivato senza Rubio, l’esperienza di Garnett e senza il fondamentale Wiggins, la caduta contro gli Warriors andrebbe a furor di popolo a rimpinguare quella categoria che va sotto il nome di “vittorie morali”. Fermare questo Steph Curry e questi Warriors è oggettivamente fuori portata anche per i Monsters di Space Jam, figurarsi per una squadra che sta crescendo ora. Nonostante ciò la prima vittoria casalinga al Target Center appare questione di tempo. La squadra di Mitchell ha mostrato un gioco e una fisionomia e infatti a referto sono arrivati in sette in doppia cifra, di cui ben quattro partiti dalla panchina. Da rimarcare non tanto i 19 punti di Wiggins quanto i suoi 5 assist capaci di mettere in ritmo anche una vecchia volpe come Kevin Martin. A rovinare tutto una rivedibile difesa sul tiro da tre ma bisogna ricordare che non incontreranno tutte le settimane Steph Curry e co e che numeri alla mano, l’iniezione di un Towns, sotto l’ala protettrice di Kg rendono la difesa di Minnesota arcigna sotto canestro molto più di quanto fosse lecito aspettarsi nel breve. Più preoccupante l’ultima sconfitta contro Indiana perché ha riproposto quell’interrogativo pressante: se i T’Wolves avessero preso Curry dove sarebbero ora? Il backcourt di Minnesota lascia interrogativi pesanti dietro di sé. Mitchell sembra non aver ancora deciso che minutaggio e che responsabilità addossare a un LaVine che alterna ancora paurosamente alti e bassi ma a cui sarebbe un peccato rinunciare. Il compagno di backcourt che dovrebbe dare quelle certezze che l’ex Ucla non può dare però è Ricky Rubio che, quando c’è, è ancora il giocatore con rapporto assist (bellissimi)/palle perse(banalissime) più alto della lega. L’assenza di Rubio però non è una soluzione anzi, record alla mano senza di lui i Wolves sono caduti 0-3. Minnesota è rientrata prepotentemente in partita con l’entrata in campo del veteranissimo Andre Miller ma è abbastanza chiaro che l’esperienza dell’ ex Nuggets può essere un placebo, non una soluzione. Ad oggi il record di Minnie parla di una mediocrità assoluta che in Nba fa più danni della grandine. L’obbiettivo è migliorare perché Minnesota è come un mobile di Ikea bello e pratico, basta solo capire come montarlo.

Photo by Joe Bielwa