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Coach Gianmarco Pozzecco si racconta… Miglior avversario? Marques Green

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Il suo arrivo è stato utile per scuotere un’ambiente che iniziava ad accusare lo score ancora fermo sullo zero in classifica. Dopo aver espugnato Jesi, il neo-coach di Capo d’Orlando, Gianmarco Pozzecco, è intervenuto su Radio DOC intervistato dal nostro corrispondente dalla Sicilia, Sergio Librizzi. Ecco alcuni passaggi della lunga intervista al “Poz” evidenziati dalla nostra redazione:

“Dopo la vittoria di Jesi, ho estratto la carta di credito dalla tasca perché avevo intenzione di rendere omaggio a quei favolosi dieci ragazzi che hanno vinto la partita dicendo loro che avrei offerto la cena. Mi purtroppo dimenticato che dovevo tornare a Milano per finire di preparare i bagagli essendo arrivato a Capo d’Orlando in fretta e furia. Il giorno dopo sono comunque andato a Palermo per comprare un regalo alla squadra , che poi darò quanto prima”.

Spesso hai parlato che giocare in piazze come Varese e Capo d’Orlando è differente, perché? “Proprio ieri mi hanno intervistato chiedendomi una cosa simile su Varese. La risposta è che a Varese, così come Capo d’Orlando, è più facile giocare a pallacanestro perché gente muove una grande passione diversa da quella del classico tifo italiano e finisci per viverla nel modo perfetto. Sono, inoltre, dei piccoli centri e non hai problemi a legare con le persone. Nei due anni che sono stato a Mosca, per esempio, non stato capace di legare con nessun russo che non facesse parte della società”.

Adattamento a questa nuova squadra? “Peppe Sindoni ha allestito una squadra molto forte e competitiva e che, per caratteristiche, deve giocare in un certo modo quindi mi è risultato abbastanza semplice adattarmi essendo questa la pallacanestro che prediligo. Una squadra che pensa meno al discorso tattico, agli schemi e alle alchimie difensive che una squadra può mettere in campo”.

Una tua opinione sul calo di interesse verso il basket italiano? “Perché non gioco più io, quindi cosa c’è da vedere? – dice scherzando il Poz -. Credo che questo momento difficile sia a causa del fatto che tante gloriose squadre o sono sparite, come la Fortitudo o la Benetton, oppure hanno ridimensionato, vedi Pesaro o la Virtus Bologna. Di conseguenza non c’è più possibilità di portare in Italia quelle grandi stelle del passato che muovevano l’attenzione dei giovani”.

Il giocatore con il quale hai fatto più fatica? E il tuo miglior compagno di squadra? “Marques Green. E’ stato con lui che per la prima volta ho capito cosa provavano tutti i miei avversari quando giocavano con me. Il fatto di giocare con una persona così più veloce e abile è stata una novità assoluta che non avevo mai provato. Oltre al fatto che è un giocatore che stimo molto. Per i miei compagni di squadra, credo Richarson.. è stato un giocatore clamoroso come raramente si è visto in Italia”.

Dopo la tua carriera da giocatore hai ricoperto il ruolo di opinionista al fianco di Tranquillo. “E’ stato difficile, io arrivavo alle partite con il mio foglio di statistiche poi arrivava Flavio con un fascicolo enorme pieno di dati. Era un genio pazzesco, un giocatore chiama lo schema e lui sapeva esattamente cosa sarebbe successo. Io a mala pena ricordavo i miei, credo che lui e Federico Buffa sono due geni assoluti”.